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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2012 alle ore 08:51.

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All'origine della saga c'è, da un lato, tutta l'innocenza necessaria a far sì che una nazione s'invaghisca d'un supereroe vestito in modo improbabile e governato dalla matita di qualche buon illustratore. E, all'altro estremo, c'è la magia che permette che, quando quell'innocenza sia andata perduta, l'incanto prosegua attraverso un affetto indistruttibile da parte di chi con quel bizzarro personaggio è cresciuto, invecchiato e cambiato. Parliamo di Superman. E di Superman:

The High-Flying History of America's Most Enduring Hero (Random House), il saggio dedicatogli da Larry Tye, 57 anni, cronista di Baltimora specializzato in medicina e appassionato di baseball (il suo Satchel: The Life and Times of an American Legend, dedicato al celebre lanciatore, è già stato un best seller). Quindi di un'analisi immersa nel cuore lontano del Novecento e di una sua produzione tipica, chiamata "cultura popolare". Di cui Superman è un prodotto puro, partorito nell'America del New Deal all'altezza del 1938, a opera di due giovani di Cleveland a corto di quattrini e ragazze ma traboccanti di progetti e ormoni.
Erano Jerry Siegel, quello col pallino di scrivere storie, e Joe Shuster, il disegnatore con gli occhiali come fondi di bottiglia, entrambi figli di sarti ebrei, che gli avevano inculcato un bel po' di spirito d'iniziativa. Cos'altro può aver spinto questi teenager figli della Grande Depressione a cercare una via verso il benessere usando come grimaldello il personaggio generato dalla loro fantasia e dalle letture avventurose con cui avevano coltivato la loro adolescenza americana? Comunque sia, la gestazione di Superman è travagliata: all'inizio, addirittura, nasce come personaggio negativo. Il Super Man, un vagabondo che ha il dono di leggere nella mente degli altri.

Finché, in una notte d'ispirazione, i due penetrano il segreto dell'eterno successo e ne escono stringendo in pugno la formula esatta: Siegel inventa il pianeta abbandonato di Krypton, la creatura superiore il cui vero nome è Kal-El e il nickname Superman (che ammicca al "man" con cui finiscono molti cognomi ebrei). E poi l'identità di copertura, "Clark Kent", Lois Lane, che ama Super ma disprezza Clark, l'improbabile calzamaglia celeste con mantellina rossa che ricorda una divisa da football e soprattutto l'invincibilità dell'eroe (la kryptonite arriverà più tardi, nella versione radiofonica del fumetto). Superman era bello e pronto a restare tale e quale per i 75 anni successivi, dal momento in cui, dopo la canonica serie di rifiuti, Harry Donenfeld, editore di giornalini per ragazze, si convince che sia il tipo giusto per inaugurare la nascente Action Comics.

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