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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2012 alle ore 07:54.

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I più spacconi ti smontano in un attimo: se sei bravo, fai vibrare anche una lattina di Coca-Cola o un rotolo di carta igienica. Non hai bisogno d'altro.

Gli altri, i (pochi) jazzisti magnanimi, quelli che si sono alzati di buon umore, si limitano a ricordarti che "Bird" (Charlie Parker) ricamava grappoli di note cristalline perfino su un Grafton, il sax di plastica color crema con cui gli capitò di suonare dopo avere dato in pegno il suo in ottone. Tutto vero e sacrosanto. L'antica questione del manico che vale più del mezzo è ormai un dogma di fede.
Salvo che poi tutti i sassofonisti, devoti al dio del jazz o meno, passano la vita a cercare il Graal della pasta sonora perfetta, quella combinazione di leghe di metallo che, miscelata al proprio soffio, crea una voce unica e inimitabile.
E allora giù a svuotare cantine, a macinare chilometri per trovare quel "ferro" costruito negli anni Trenta da ditte ormai scomparse, oppure a setacciare gli annunci pur di scovare quelle serie limitate degli anni Cinquanta e Sessanta di produttori come Selmer o Conn. A ognuno il suo.

La lunga corsa a ritroso dei jazzisti ha convinto anche Roberto Zolla a fare un passo indietro, con l'idea però di farne due avanti negli affari. Erede della dinastia dei Rampone & Cazzani, dal 1818 costruttori di strumenti a fiato a Quarna Sotto (provincia di Verbania), ha ripreso il comando dell'azienda di famiglia, passata di mano alla fine degli anni Cinquanta. «La Rampone è stata la prima ditta italiana a commercializzare l'invenzione ottocentesca di Adolfo Sax. Fabbricava strumenti a fiato di ogni tipo e con discreto successo. Poi nel dopoguerra è stata acquisita da alcuni imprenditori che hanno trasferito la sede in provincia di Varese, puntando sull'industrializzazione». Tutto bene fino agli anni Ottanta. Con l'invasione di prodotti giapponesi, tecnicamente impeccabili ma a costi inferiori, e poi con quelli cinesi, sono iniziati i problemi in bilancio, fino all'annuncio di chiusura. Roberto Zolla non è un matto, ma gli piace fare di testa sua. Sconsigliato da tutti, decide di investire i suoi risparmi per salvare quell'azienda di famiglia finita lontano. Per farlo straccia i manuali di economia e di logistica e riporta la ditta in montagna, a Quarna Sotto, 400 abitanti e 12 ripidi tornanti da Omegna, dove l'industria locale ha sposato il design e sforna marchi come Alessi, Girmi, Lagostina e Bialetti. Nel paesino piemontese invece si vivacchia ancora di note.

All'epoca, nei primi anni Novanta, era aperta la Ida Maria Grassi, altro storico marchio di strumenti a ottone. «Pochi lo sanno ma Quarna Sotto è il paese della musica. C'è anche il museo più fornito sulla storia degli strumenti a fiato. Mi sembrava un peccato mortale lasciare andare tutto alla malora». Zolla è un fabbro artigiano e torna a lavorare come i suoi nonni, con le mani e con il martello di legno. Piegatura, battitura, saldatura e ricottura. Cinquecento sassofoni costruiti ogni anno, assemblati pezzo dopo pezzo, dal chiver (il collo) al fusto fino alla campana, tutti integralmente a mano, con l'aiuto di undici dipendenti, tra cui il figlio Claudio, che è anche sassofonista.

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