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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 08:15.

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Noi italiani – ammettiamolo con franchezza – abbiamo poca dimestichezza con l'arte olandese, che spesso definiamo «fiamminga» incappando in un grossolano errore, perché l'Olanda e le Fiandre – pur strettamente confinanti – rappresentano due universi artistici e linguistici diversi. C'è da dire che i dipinti olandesi presenti in Italia sono davvero pochi (come ha dimostrato il capillare censimento realizzato qualche anno fa dall'Istituto olandese di storia dell'arte di Firenze) e che nelle nostre università l'argomento è raramente affrontato. Da qui la scarsa pratica. Adesso però si presenta a Roma l'occasione di immergersi in uno dei capitoli più entusiasmanti della pittura olandese: quello che racconta l'avventura artistica del misterioso Johannes Vermeer e degli artisti olandesi dediti alle vedute e alla pittura d'interni.
Consiglio preliminare: meglio presentarsi in mostra non del tutti digiuni. Una leggera "infarinatura" sulla storia dell'Olanda del Secolo d'oro sarebbe di grande utilità per comprendere i dipinti esposti, che sembrano apparentemente privi di grandi messaggi iconografici e sono invece carichi di significati allegorici strettamente legati alla storia, alla mentalità, alla società civile, religiosa ed economica dell'Olanda.
Dunque "infariniamoci" un po' e poi visitiamo la rassegna.
Per diventare tali, gli olandesi dovettero lottare duramente contro il giogo della dominazione spagnola. Quando al principio del Seicento, l'Olanda divenne una repubblica indipendente, gli olandesi seppero velocemente riprendersi dalla lunga ed estenuante lotta contro la Spagna cattolica, compiendo progressi in tutti i campi e costruendo sopra di essi una nuova scala di valori. L'abilità nel commercio, la partecipazione politica, la tolleranza religiosa, un sano culto della ricchezza e una profonda autostima furono i punti cardinali che permisero a un fazzoletto di terra acquitrinoso, diviso in sette province costellate di città vicine l'una all'altra (Utrecht, Delft, Leida, Amsterdam, Haarlem e l'Aia), di diventare la culla di un benessere eccezionale, che si espresse, tra l'altro, nella fioritura di un numero eccezionale di botteghe di artisti e artigiani in forte concorrenza tra loro, tutti dediti a soddisfare la gran domanda di opere d'arte che giungeva dai nuovi ceti borghesi e produttivi della piccola e operosa nazione. L'Olanda era una realtà che, nell'Europa del l'assolutismo monarchico e della riscossa trionfale della Chiesa, procedeva tenacemente solitaria, solidamente protestante, repubblicana negli ordinamenti, austera nei comportamenti esteriori (ma anche bonariamente tollerante delle debolezze umane), dedita agli affari e orgogliosa del nitore e dell'ordine delle proprie città e delle proprie case.

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