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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 08:15.

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Vedere per credere. La mostra «Vermeer. Il secolo d'oro dell'arte olandese» allestita alle Scuderie del Quirinale (organizzata da Palaexpo e Mondomostre a cura di Arthur Wheelock, Walter Liedtke e Sandrina Bandera) ci introduce direttamente in questo mondo borghese partendo dal protagonista indiscusso: Johannes Vermeer.
Vermeer è una figura sfuggente per assenza di dati documentari fondamentali, però ci parla attraverso un numero esiguo di quadri strepitosi, realizzati lentamente con tecnica, tagli e intensità magistrali, capaci di sollevare vedute di città e soggetti d'interni dalla sfera dell'aneddotica quotidiana al respiro universale della poesia.
La mostra – scandita da eleganti pannelli colorati ideati da Lucio Turchetta – inizia col presentare il luogo dell'azione: l'Olanda e la città di Delft in particolare. La stradina di Vermeer prestata dal Rijksmuseum di Amsterdam accoglie il visitatore introducendolo di colpo nella poetica della quotidianità, nella luce fredda del nord, nella spettacolare capacità di fissare l'attimo fuggente. La città di Delft, le sue chiese bianche, la tomba di Guglielmo il Taciturno (il Padre della patria olandese) e il gran disastro del 1654 (l'esplosione della polveriera della città fece strage di cittadini) sono i soggetti dei maestri coevi a Vermeer presenti in mostra (van Viert, van der Heyden, de Witte, De Lorme, van der Poel, Vosmaer). Dopodiché arriva un quadro sacro: la Santa Prassede di Vermeer, copiato di peso da un soggetto di Felice Ficherelli. Vermeer era cattolico, viveva nel ghetto dei «papisti» e dipinse per loro rari quadri da tenere nascosti nelle cappelle domestiche (come l'Allegoria della fede a fine mostra).
Ma sono le case pulite e i fieri olandesi che le abitano i soggetti dominanti di tutta la rassegna. Il tema delle lettere d'amore ispira le tele di ter Borch e di de Hooch, la musica quelle di van Loo e Metsu e dello stesso Vermeer. Poi, ci sono le donne voluttuose che accettano l'omaggio simbolico del vino (si veda il Vermeer in arrivo da Braunschweig) e quelle virtuose che lo rifiutano. Ci sono bambini pasciuti che giocano e fanno i capricci, ritratti d'artisti, profili di astronomi, immagini di dottori-ciarlatani al lavoro. E infine ritratti tout court, come la Ragazza con il cappello rosso di Vermeer (da Washington), così poetico, romantico e moderno da aver fatto sospettare di essere un insidioso falso ottocentesco. Niente paura: per i curatori della mostra è un originale perfetto.
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Vermeer. Il secolo d'oro dell'arte olandese, Scuderie del Quirinale, Roma; fino al 20 gennaio 2013. Catalogo Skira. Info: www.scuderiedelquirinale.it
pittori & capolavori
VERMEER. L'affascinante ritratto di una misteriosa «Ragazza con il cappello rosso», databile al 1665 circa e oggi conservato nella National Gallery di Washington, è uno dei quadri più intriganti della rassegna
METSU. Gabriel Metsu, autore di questa «Donna che legge una lettera» è forse il pittore più vicino per qualità pittorica e sensibilità narrativa a Vermeer. In passato, le opere dei due artisti venivano spesso confuse
HOOCH. Uno dei più grandi pittori di scene di interni del secolo d'oro olandese fu Pieter de Hooch, autore capace di rendere con grande verità l'intimità e il calore delle case. Come in questa «Camera da letto» del 1658

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