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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2012 alle ore 15:58.

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L'Anvur ha concluso pochi giorni fa, nei tempi dovuti, la prima fase di selezione dei candidati commissari all'abilitazione scientifica nazionale, appuntamento di grande importanza per il sistema universitario italiano. Quasi il 50% dei professori ordinari ha avanzato la propria candidatura a entrare in commissione, per un totale di 7.338 docenti. Per i pochi non ammessi, poco più del 20%, si apre adesso una seconda breve fase in cui potranno segnalare eventuali errori nei riferimenti delle pubblicazioni inserite nei curricula, al fine di una riconsiderazione della loro valutazione. Una volta conclusa questa doverosa e necessaria verifica, alla fine di ottobre, si passerà alla terza e ultima fase di selezione, quella del sorteggio dei 736 membri italiani che saranno distribuiti nelle 184 commissioni, ai quali si aggiungeranno altri 184 membri stranieri, uno per commissione.
Si avvierà quindi finalmente, a novembre, l'abilitazione scientifica, attesa da troppi anni da tutto il sistema universitario. Un percorso di reclutamento nuovo dei docenti, che tiene in maggior conto di quanto non sia mai avvenuto in precedenza del merito scientifico e della continuità nella ricerca dei commissari, a prescindere dai meriti dimostrati nel più lontano passato. Tutto ciò in linea con la volontà del Paese di aprire una fase nuova, aderendo alle migliori prassi internazionali; in linea con le aspettative dei giovani che vogliono conoscere le regole e i criteri sulla base dei quali verrà determinata la loro carriera accademica; in linea con il paradigma della valutazione, che non può più solo essere evocato, ma deve trovare applicazione nell'assegnazione dei finanziamenti e nel reclutamento del personale, se vogliamo che il nostro sistema universitario e della ricerca possa confrontarsi in modo aperto con il resto del mondo. Per questo l'Anvur è stata istituita e questo l'Anvur vuole concorrere a realizzare. Con queste finalità, in poco tempo, l'Agenzia ha avviato la valutazione della ricerca con il progetto Vqr (Valutazione della Qualità della Ricerca) e ha definito il modello di valutazione periodica della formazione universitaria, dei corsi di laurea e dei dottorati, nonché della governance e delle strategie di sviluppo degli atenei, con il progetto Ava (Accreditamento, Valutazione e Autovalutazione).
Non voglio qui entrare nei dettagli dei vari processi di valutazione, né tanto meno farne una cronistoria. La complessità di questa impresa è sotto gli occhi di tutti. Complessità resa ancora maggiore dal fatto che i processi di valutazione chiamano in causa grandi numeri, che possono, come nel caso dell'Abilitazione scientifica nazionale, sollevare i comprensibili timori dei singoli anche se non sempre giustificati da motivazioni intellettualmente fondate. Il manipolo Anvur si è trovato a gestire per la Vqr 450 esperti oltre a più di 10mila referee, per valutare quasi 200mila prodotti di ricerca. Di non minore portata è stato l'impegno per l'abilitazione. Si pensi solo alle quasi 16mila riviste nelle aree umanistiche che risultano dai curricula dei docenti italiani, per un totale di oltre 42mila titoli che compaiono nei vari settori concorsuali, che l'Anvur ha dovuto valutare con il contributo di oltre 100 società scientifiche, avvalendosi di un gruppo di esperti qualificatissimi. In questo impegno l'Anvur ha goduto e gode del sostegno di una maggioranza silenziosa che si alimenta delle speranze dei molti giovani bravi che vedono nel riconoscimento del merito l'unico criterio in grado di assicurare giustizia ed efficienza.
Mi preme invece mettere in evidenza le linee portanti del nostro operare e che vorremmo rimanessero tali nel futuro.
Il rispetto dei tempi, che, a volte scambiato per frettolosità, dovrebbe essere considerato, invece, un obiettivo imprescindibile di ogni amministrazione. Non si dimentichino i gravi ritardi accumulati negli anni nella valutazione dell'intero sistema universitario, ritardi che, giustificati da sofismi ideologici, hanno trovato spesso alimento dal puro desiderio di conservazione. Ulteriori proroghe sarebbero state e sarebbero imperdonabili.
La trasparenza, anche nel riconoscimento delle difficoltà e degli errori, scambiata per indecisione o debolezza, laddove è da considerare espressione di onestà intellettuale, capacità di correggersi e anche di dubitare, ma non di quel dubitare che è scusa per «schivare la decisione e continuare l'istruttoria» per dirla con Brecht, ma piuttosto di quel dubitare sano che conduce alla scelta della soluzione migliore date le condizioni di contesto.
L'internazionalizzazione, che non vuole essere sintomo di esterofilia o peggio di non adeguata considerazione della tradizione italiana, bensì volontà di confronto con il mondo esterno, al fine di consentire ai nostri giovani di muoversi nello spazio europeo e internazionale della ricerca e delle professioni intellettuali. A questo proposito, ad alcuni osservatori dell'Anvur, più sospettosi che attenti, è sfuggito che uno dei primi atti dell'Agenzia è stato quello di diventare membro dell'Enqa (European Association for Quality Assurance in Higher Education) e di avviare la collaborazione con alcune delle maggiori sorelle europee, come ad esempio l'Aeres francese, definendo un percorso pluriennale che si concluderà come previsto dalle procedure con la valutazione esterna da parte dell'ente europeo. Lo ha fatto in punta di piedi data la giovane età dell'Agenzia e data l'esiguità del nostro staff rispetto a quello dei partner europei, ma lo ha fatto e lo sta facendo con successo.

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