Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2012 alle ore 15:32.

My24

Secondo le logiche delle grandi major del disco, il mercato musicale italiano è un local market, se non addirittura un ethnic market. Secondo qualche critico eretico, nel nostro Paese non è mai esistita una scena rock vera e propria. Alla faccia della prima e della seconda considerazione, tocca levare alto il calice al quarantennale dell'esordio discografico della Pfm, l'unico autentico «prodotto da esportazione» che il rock italiano abbia mai offerto al mondo.

Un fenomeno che negli anni Settanta, tempi di progressive imperante, scalava le classifiche americane e guadagnava apprezzamenti illustri in Inghilterra. Tutto questo, ricorda il chitarrista Franco Mussida, «senza mai andare incontro alla scelta facile per accontentare il pubblico, seguendo soltanto noi stessi e la nostra sensibilità di musicisti». La ricorrenza è importante e in casa Sony si è deciso di celebrarla con la pubblicazione di «Celebration: 1972-2012», un triplo disco in formato book set contenente «Storia di un minuto» e «Per un amico» - ossia i due leggendari album che, in barba alle più scontate regole di marketing musicale, uscirono in quello stesso folgorante '72 – ma anche «Road Rarities», una raccolta di versioni live di brani di quel periodo, con chicche quali l'esibizione del 2010 con Ian Anderson, frontman dei Jethro Tull che presta il suo flauto a «La carrozza di Hans». Per i feticisti del microsolco, «Celebration» sarà inoltre disponibile in versione triplo vinile.

La storia sono loro
Oggi i «ragazzi» della Premiata Forneria Marconi sono rimasti in tre: oltre a Mussida e al carismatico batterista Franz Di Cioccio, unici due elementi in formazione sin dalle origini, c'è il bassista francese Patrick Djivas, subentrato nel '73 a Giorgio «Fico» Piazza. «Il mio più grande rammarico – commenta oggi – è non aver lavorato a quei due dischi fantastici». Eggià: era impegnato con un certo Demetrio Stratos a fondare gli Area. Scusate se è poco. I rimanenti membri originari che, come Di Cioccio e Mussida avevano condiviso l'esperienza beat dei Quelli, sono altrove: chi a organizzare Sanremo (vedi Mauro Pagani), chi a comporre colonne sonore per la tv (vedi Flavio Premoli). Ti viene giusto da pensare a loro, quando Di Cioccio ricorda le circostanze in cui nacque la band. A Milano, tra i Sessanta e i Settanta. «Eravamo i migliori turnisti in circolazione, – spiega il batterista – suonavamo nei dischi italiani più importanti. Ci rendemmo conto che non si poteva andare avanti con le cover, come praticamente facevano tutti in quel periodo. L'idea nostra fu allora quella di provare a confrontarci con una musicalità diversa da quella italiana. E proprio la diversità – aggiunge Di Cioccio – fu la cifra del nostro successo». La band era organizzata secondo un modello che potremmo definire beatlesiano: «Nel nostro gruppo – spiega infatti Di Cioccio – non c'era nessun leader e nessun gregario, cosa nuova se confrontata agli standard del nostro Paese dell'epoca».

Il «suono» dei Seventies
Nell'Italia del 1972 «Storia di un minuto» e «Per un amico» rappresentarono un uno-due formidabile sul mercato discografico nazionale. «Nel primo – secondo Di Cioccio – è racchiuso il suono degli anni Settanta, il primo Mellotron, il primo Moog che si sentivano nel nostro Paese». Strumenti futuribili usati «tenendo ben presenti gli stilemi della musica classica ma anche la tradizione popolare nazionale». Il secondo disco, invece, «conteneva l'idea precisa di ciò che la Pfm voleva diventare: una band di respiro internazionale». Non è un caso se una sintesi dei due lavori, con testi tradotti in inglese, diventerà poi «Photos of Ghosts», il terzo album che aprirà al gruppo le porte degli States.

In viaggio con Faber
Due concept album che cadevano in un periodo in cui «qui in Italia – prosegue Di Cioccio – gli Lp erano ancora considerati raccolte di 45 giri. Erano pochissimi gli artisti che, in un album, provavano ad articolare un discorso più complesso, a raccontare una storia. Tra questi il genio visionario di Fabrizio De André che nel ‘70 concepì "La Buona Novella"». Guarda caso l'opera nella quale suonava per intero quella che diventerà la prima formazione della Pfm. Ma guai a definire la Premiata «il gruppo che accompagnava De André». Di Ciocciò sembra molto suscettibile a riguardo: «Non si può dire che gli Eagles erano il gruppo che accompagnava Jackson Browne. Lo stesso vale per noi e Fabrizio: fu piuttosto l'incontro tra due esperienze artistiche diverse che si completarono». Giusto per mettere i puntini sulle proverbiali i: «Fummo noi a proporre a Fabrizio di allestire uno spettacolo live con le sue canzoni», ricorda Di Cioccio. «Fabrizio prese tempo, infine accettò». Ne nacquero i due volumi di «De André e Pfm in concerto». Dischi che, se esistesse un'università del rock, rappresenterebbero il testo fondamentale per spiegare ai giovani come si allestisce il concerto perfetto.

Le magnifiche sorti e il progressive
Per gente come Franco Mussida «la musica non è intrattenimento ed esibizione, è qualcosa di più importante che ha a che fare con la vita delle persone». Il chitarrista della band progressive diffida da «talent show e altre cose che ci mostrano in televisione come intrattenimento musicale», ma è comunque convinto che, oggi come ieri, «c'è spazio per gli artisti che riescono a prenderselo. Proprio come facemmo noi quarant'anni fa». Sarà vero? A rifletterci viene da sospirare: magari, a forza di «Celebration», tornassero davvero le magnifiche sorti musicali e il progressive degli anni Settanta.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi