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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 14:08.

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L'agente speciale 007 ha finalmente trovato il suo regista ideale: dopo cinquant'anni in cui si sono alternati nomi di scarso rilievo, Sam Mendes con «Skyfall» (la ventitreesima avventura targata James Bond, in uscita questa settimana nelle nostre sale) è riuscito a orchestrare una pellicola in grado di accontentare sia i fan storici del personaggio che le nuove generazioni.

L'autore inglese, che ha firmato film come «American Beauty» (1999) e «Era mio padre» (2002), ha trovato la giusta alternanza tra un imponente apparato spettacolare e il necessario approfondimento psicologico sul protagonista, tanto che «Skyfall» è stato definito a ragione, fin dalle prime visioni internazionali, uno dei migliori Bond di sempre.

Il film si apre su un'operazione fallita dal governo britannico (in cui 007 risulta disperso e viene ritenuto morto) che causerà una fuga di notizie in grado di compromettere le identità segrete di tutti gli agenti operativi dell'MI6. Nel momento in cui M avrà maggiormente bisogno di lui, Bond ricomparirà pronto a mettersi sulle tracce del temibile e misterioso Raoul Silva.

Fin dal titolo (Skyfall è la residenza scozzese dove il protagonista è cresciuto da bambino), il film segna esplicitamente un ritorno al passato, sottolineando le motivazioni che hanno portato il piccolo James a diventare un agente segreto e riempiendo la visione di sottili e affascinanti riferimenti ai precedenti lungometraggi della saga.

Se Mendes è riuscito nell'impresa di evitare al film qualsiasi cedimento, nonostante i quasi 150 minuti di durata, buona parte del merito va anche alla rigorosa sceneggiatura e a una fotografia, firmata dal sempre eccellente Roger Deakins, in grado di alzare costantemente il livello dell'intera operazione. Davvero suggestiva, in questo senso, la lunga resa dei conti finale, ambientata in una notte nebbiosa nella brughiera scozzese.

Perfino Daniel Craig risulta più sciolto ed efficace rispetto alle uscite precedenti, seppur il suo antagonista Javier Bardem, in grado di dare vita a un villain davvero memorabile, catalizzi totalmente l'attenzione verso di sé.

Una menzione speciale, come spesso avviene per i prodotti della serie Bond, va agli ottimi titoli di testa, accompagnati dalla voce della giovane cantautrice britannica Adele.

In mezzo a diverse novità di poco conto (dall'horror «Silent Hill: Revelation 3d» di Michael J.Bassett alla commedia di casa nostra «E io non pago» di Alessandro Capone), questa settimana c'è spazio anche per un secondo titolo particolarmente atteso: «Oltre le colline», terza fatica del rumeno Cristian Mungiu dopo il successo di «4 mesi, 3 settimane, 2 giorni» con cui aveva vinto la Palma d'Oro al Festival di Cannes 2007.

Ambientato nella Romania contemporanea, il film è incentrato attorno al rapporto tra Voichita e Alina, due ragazze cresciute insieme in un orfanotrofio e costrette a separarsi una volta raggiunta la maggiore età: la prima è stata accolta in un monastero locale, la seconda è fuggita in Germania per scappare dalla famiglia adottiva. Ora Alina è tornata in patria per portare con sé l'amica di sempre, ignara del fatto che quest'ultima non abbia alcuna intenzione di lasciare la comunità religiosa nella quale si è ormai perfettamente integrata.

Presentato all'ultimo Festival di Cannes, dove ha ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura e la Palma alle interpreti femminili, «Oltre le colline» ha i suoi punti di forza nel racconto dell'amore, sottaciuto e proibito, tra le due protagoniste e in quello dello scontro tra l'irrequieta Alina e l'universo, illusoriamente pacifico, del monastero.

Rifacendosi a uno stile sempre più essenziale, che rimanda almeno in parte al cinema dei fratelli Dardenne, Cristian Mungiu realizza un'opera matura e, seppur meno perfetta della precedente, in grado di coinvolgere e far riflettere gli spettatori che avranno voglia di ascoltarlo.

Ispirato a un fatto di cronaca avvenuto in un convento moldavo, dove una ragazza ha perso la vita in seguito a un esorcismo, «Oltre le colline» è, in definitiva, un film anticonvenzionale sulla classica dicotomia amore-morte, che conferma il suo autore come una delle promesse più concrete dell'intero panorama cinematografico europeo.

Skyfall

Oltre le colline

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