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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2012 alle ore 09:08.

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Cosa farebbe Rino Gaetano se oggi fosse qui tra noi, senza essersi perso gli ultimi trent'anni di musica? Non la prendete come una bestemmia, ma ci piace pensare che lo chansonnier di Crotone mostrerebbe una certa sintonia con Mattia Zani, cantautore faentino che ha appena dato alle stampe per Sounday il suo terzo album dal titolo wertmülleriano: «Uomo con cane e il ritorno dalle terre di Nonsodove».

Viene dal rap e si vede, perché maneggia le parole senza troppi complessi lirici, un po' come faceva la buonanima di zio Rino ne «Il cielo è sempre più blu». Ma dopo due dischi deve essersi fatalmente innamorato del folk e del pop sofisticato che Oltremanica si porta. Perché gli arrangiamenti di «Uomo con cane» hanno più di un punto in comune con «Dear Catastrophe Waitress» dei Belle and Sebastian. Lo stile compositivo, oltre al Gaetano nazionale, rimanda alle cose più riuscite di Daniele Silvestri. Lo stile del cantato, invece, rimanda alla scuola dei grandi «svogliati» bolognesi, ai Vasco Rossi e ai Luca Carboni prima maniera che davanti al microfono di prendere fiato proprio non ne volevano sapere.

Il disco si apre nel segno degli anni Ottanta: «Epoca», primo singolo estratto dall'album, si regge su un riff di tastierina new romantic e su un testo malinconico che racconta un mondo che abbiamo perso per sempre: «Rivoglio in tasca 15mila lire e un campanello a cui citofonare,/ la cabina rossa della Sip e i numeri che non si possono richiamare». Zani alle tastiere è il regista della grande operazione nostalgia, supportato dalla chitarra disciplinata di Thoms Festa e da una sezione ritmica very pop che affianca a Nicola Manzoni (basso) Nicola Valtancoli (batteria). «Fortuna», ballata per chi capisce che alle volte è meglio accontentarsi, acquista spessore ascolto dopo ascolto, «A casa in tempo per l'estate» è un easy listening elegante che fa pensare a tratti a Samuele Bersani.

Poi si mischiano le carte e arriva «Trinidad», folk caballero sulla voglia di rimettersi sulla strada, quel sentimento galeotto che ogni musicista dovrebbe aver piantato dalle parti del basso ventre. E chi lo perde farebbe meglio a cambiare mestiere. Dulcamara ribadisce il concetto ne «La strada del ritorno», tra preti che ti mandano all'Inferno di lunedì, albe spese nei motel e il rumore che fa il vento tra gli alberi della Sierra Nevada. «Nonsodove» parte con un superbo riff della chitarra acustica di Festa, poi entra la voce di Zani che gioca a fare il Vinicio Capossela e riesce tutto sommato credibile.

«Il pazzo giù all'angolo», con il caratteristico sound che da trip-hop diventa reggae e il testo sproloquiante, dimostra che Dulcamara non ha tagliato del tutto il cordone ombelicale con il rap. Ambiziosa «Dimenticare Ricordare», con quel fischio morriconiano che affiora qua e là, mentre «Ora come allora» rispolvera l'intimismo pianistico caro a tanto cantautorato italiano degli anni Settanta. L'ossessione per il tempo che passa torna in «Giugno ‘99» e «Tutto passa per tornare», probabilmente figlia della lezione del Neffa che fu. Il disco si chiude con la title-track «Uomo con cane», ballad dall'incedere epico in cui riaffiorano il fischio western e la favola preferita da Dulcamara, «questa storia di vento e maltempo che fatico a descrivere/ ma che per altri duemila anni racconterò».

Dulcamara
«Uomo con cane e il ritorno dalle terre di Nonsodove»
Sounday/Venus

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