Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 08:20.

My24

Se qualcuno di voi è stato alla Reggia di Venaria Reale da quest'estate in poi, forse si sarà accorto che nella Galleria Grande c'era della musica diffusa. Quella "musica", se così la vogliamo chiamare, è un'opera composta da Bian Eno per il corridoio alto e luminoso (vetrate con vista sul parco da entrambi i lati per tutta la lunghezza) della residenza sabauda. L'installazione smetterà di suonare l'ultimo giorno di novembre. Per questo chi non l'ha sentita e non abita troppo lontano è caldamente consigliato di andare a fare un giro da quelle parti il prima possibile. In realtà la reggia merita per conto proprio, e se anche non fosse arricchita dall'intervento dell'uomo che ha inventato la musica ambient ne varrebbe la pena.
Ma l'idea dello spegnimento non ci deve sconvolgere per due motivi, e cioè perché Brian Eno è un vero artigiano entusiasta che ama sempre più le cose che farà rispetto a quelle che ha già fatto, e poi perché è appena uscito il suo nuovo album intitolato Lux, derivato proprio dalla sonorizzazione del sontuoso corridoio savoiardo. Dopo avere incontrato Eno per l'inaugurazione, e avendo ascoltato il disco per qualche settimana, sono in grado di raccontarvi come ragiona sulla musica questo protagonista del suono contemporaneo, e che effetto fa immergersi nella sua ultima produzione.
«La musica è un po' come le salsicce –, spiega Eno –.Per quanto possa piacerci, è sempre meglio non sapere come è fatta». In effetti Lux è un disco molto più leggero e fruibile delle parole che servono per descriverne la struttura. Si tratta di musica generativa, cioè prodotta da una macchina impostata per pescare suoni di un certo tipo. Ovviamente per avere della vera musica generativa non ci vogliono un cd o un mp3, ma una macchina che lavori per conto proprio all'infinito. Gli utenti di iPad possono sbizzarrirsi con Bloom, Trope e la più recente Scape, cioè delle app di Brian Eno e Peter Chilvers che generano musica ambientale rispondendo al modo in cui l'utente interagisce con uno spazio virtuale sullo schermo. Il disco, invece, così come l'installazione della Venaria, nasce almeno in parte dalla musica generativa, ma poi è stato registrato, fissato, lavorato a dovere. Per chiudere con il lato tecnico e noioso delle salsicce, Eno ha composto i brani prendendo ogni volta cinque delle sette note di una scala, e giocando con le numerose combinazioni ottenute. «Sono piccoli spostamenti – commenta –. In un pezzo di Schoenberg queste variazioni sarebbero coperte in un quarto di secondo».
Se questa formula sembra debole e sempliciotta a chi ne sa di musica, sia "classica" che "contemporanea", non ci sono problemi, perché per il tastierista dei Roxy Music non si può nemmeno chiamare musica. «È la parola sbagliata – continua sorridendo –. Quando la gente ha cominciato a filmare il teatro, gli ha subito dato un altro nome: "cinema". E per tutti è molto chiaro che sono due mezzi di comunicazione diversi. Il teatro, la forma dal vivo, è diverso dai film, che sono la forma elaborata a posteriori.
Quello che è successo alla musica è simile perché anche la musica è cambiata completamente: abbiamo ancora la versione dal vivo della musica, la versione "teatro" della musica, ma abbiamo nuove forme che sono molto più simili a sculture o quadri che alla "musica" tradizionale. Dovrebbe avere un altro nome: non avrei dovuto chiamarla "musica per aeroporti" ma "sculture sonore per aeroporti" o qualcosa del genere.
L'ascolto di Lux ha il senso della visita a un museo senza quadri. Non c'è niente da ascoltare con attenzione, nessun passaggio da seguire, nulla che abbia anche la struttura di un vero e proprio brano; piuttosto viene bene il fare cose diverse e muoversi in un ambiente arricchito dai suoni che escono dalle casse, fermandosi a pensarci il meno possibile.
Il primo album di Eno a proporre questa formula si chiama Discreet Music, risale al 1975, nelle note consiglia l'ascolto a basso volume. In effetti questi suoni che Erik Satie avrebbe definito "musica d'arredamento" funzionano se non prendono il sopravvento sul resto. Non è un caso che Lux – ho provato – produca un effetto fastidioso in cuffia, dove risulta troppo presente per essere così impalpabile, o viceversa.
«Le nuove tecnologie creano nuovi tipi di artisti – sottolinea Eno –. Io, per esempio, non avrei mai fatto il musicista prima dell'epoca dello studio di registrazione. Raffaello non sarebbe mai stato un pittore prima dell'avvento della pittura a olio. Ogni volta che compare una tecnologia nuova, compaiono degli artisti nuovi, e spesso non sanno fare quello che facevano gli artisti vecchi. La gente pensa: "Non sanno fare niente! Lui non sa nemmeno suonare la chitarra!". Ma il bello di essere uno dei pionieri di una tecnologia emergente è che nessuno ti può dire che la stai usando nel modo sbagliato. Quando sei tra i primi, scrivi tu le regole». Un'altra regola che Eno ha imposto, ma questa volta al proprio consumo di musica, coinvolge alcuni amici del suo entourage. Questi tre, che nella vita fanno gli artisti e i progettisti, hanno il compito di fargli avere i dischi che pensano che lui possa trovare interessanti, ma senza dire assolutamente cosa c'è sul disco. Solo dopo un mese circa, quando Brian ha avuto modo di masticare per bene le canzoni, impararle, canticchiarle sotto la doccia come si fa sempre col pop, allora arriva un'email che svela l'identità dei brani. «Se per caso scopri che la cosa per cui stai delirando è Justin Bieber, la sorpresa è molto interessante». Oltre a questo pop a sorpresa, Brian Eno ama ascoltare e cantare gospel.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi