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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2012 alle ore 08:18.

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Il crogiolo delle Americhe.
I brasiliani sono maestri nel raccontare storie su se stessi. Qualche anno addietro ne era popolare una che parlava di Dio e di un arcangelo. Il terzo giorno della creazione, dopo aver fatto il Brasile, il Signore non può fare a meno di vantarsi un po' con uno degli arcangeli. Ha piantato foreste grandiose e ha realizzato la rete fluviale più estesa del mondo, ha costruito una magnifica catena montuosa, con baie incantevoli e spiagge sull'Oceano. Ha riempito le colline di acquamarine e di topazi, ha disseminato polvere d'oro e diamanti nei fiumi. Ha concepito un ambiente senza uragani e senza terremoti, dove cresceranno frutti di ogni tipo immaginabile.
«Ma è giusto, oh Signore – chiede l'arcangelo, – dare tanti vantaggi a un paese soltanto?».
«Beh – risponde il Signore, – tu aspetta di vedere la gente che ci metterò dentro».
Il bello di questa storia, ovviamente, è che racconta l'esatto opposto della realtà. Sin da quando i portoghesi vi stabilirono le loro prime colonie, agli inizi del XV secolo, lo sviluppo del Brasile è stato ostacolato dalla sua impervia configurazione geografica. I fiumi scorrono nel verso sbagliato. Le montagne sorgono nei punti più inopportuni. Per secoli la ripida catena lungo la costa ha rappresentato una barriera che rendeva impenetrabile l'entroterra. Sebbene le alture al Centro e nel Sud del paese siano idonee alla colonizzazione, le foreste pluviali dell'Amazzonia a nord presentano un ambiente e un clima col quale nessuna moderna civiltà è ancora riuscita a coesistere. La regione orientale è afflitta da siccità perenni. Fino all'avvento dei trasporti aerei – nella cui diffusione, sia detto per inciso, un brasiliano di nome Santos-Dumont è stato importante quasi quanto i fratelli Wright – ci volevano mesi interi per andare da una parte all'altra del paese. Le malattie tropicali rappresentano ancora oggi una minaccia per lo sviluppo urbano. La principale risorsa del Brasile sono i brasiliani.
Come ha potuto una manciata di coloni partiti dal minuscolo Portogallo, un paese che nel periodo d'oro della sua era coloniale contava tutt'al più un paio di milioni di abitanti, occupare e conquistare metà del continente sudamericano? Com'è possibile che tra tutte le popolazioni sudamericane i brasiliani sembrino i candidati migliori a produrre una propria forma di civiltà?
Solo di recente abbiamo cominciato a renderci conto che il tipo di società coloniale diffusa dai portoghesi in America, in Africa e nell'Oriente ha in effetti qualcosa di speciale.
«Era corrotta e inefficiente», così ci insegnavano a scuola. I portoghesi avevano, e tuttora hanno, una pessima immagine.

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