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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2012 alle ore 15:08.

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Questo libro ci invita a tuffarci in un mondo dove il cinghiale vive mille anni, la donnola concepisce i piccoli attraverso la bocca e li partorisce dall'orecchio, la lince è un gigantesco verme bianco il cui sguardo trapassa i muri, e la iena cambia sesso a suo piacimento. E il leone diventa re solo a un certo punto, dal XII secolo, in sostituzione dell'orso, l'animale villoso che sta ritto in piedi ed è troppo pericolosamente vicino all'uomo, all'uomo selvatico e peloso, ma anche al pio eremita.

È un mondo che si basa su parametri molto lontani dai nostri, dove ciò che è reale (ad esempio l'osservazione diretta degli animali) è diverso, e meno importante, di ciò che è vero, e metafisicamente importante: ad esempio i significati misteriosi che si possono scoprire se si guarda a un animale attraverso la Bibbia e i testi degli antichi, come Aristotele e Plinio, e se si scoprono i segreti che si nascondono nel suo nome, usando ad esempio le Etimologie di Isidoro di Siviglia. Il nome è infatti carico di senso e di potere: l'immagine di Adamo che dà il nome agli animali compare spesso all'inizio dei bestiari.

Gli animali, e i bestiari che ne rivelano la vera natura, hanno una presenza pervasiva, nota giustamente Pastoureau, nella cultura medievale: sono un sussidio importante per i predicatori (vorrei ricordare qui le splendide raffigurazioni dei maldicenti sotto forma dello scarafaggio che accumula pallottole di escrementi, nella predicazione di san Bernardino da Siena); popolano i racconti e le favole, ispirano i proverbi; compaiono nella scultura, nell'architettura romanica, nei sigilli e negli stemmi, e ancora a lungo, ben al di là del periodo che questo libro studia, ispireranno metafore poetiche, emblemi e imprese. Costituiscono insomma sistemi di memoria utilizzabili a fini diversi: ad esempio a creare una casistica amorosa, come fa Richart de Fournival, monaco e bibliofilo raffinato, che a metà '200, nel Bestiaire d'Amour, prende spunto dalla natura del lupo per consigliare a non rivelare per primi il proprio amore: chi lo fa perde tutto il suo potere, come accade a un lupo «quando un uomo lo vede prima che esso veda l'uomo».

Proprio perché questo libro vuole capire e narrare un mondo lontano, ne adotta le strategie di base, e cioè la classificazione e il rapporto stretto fra parole e immagini. I capitoli sono infatti scanditi secondo la classificazione medievale, che comprendeva quadrupedi, uccelli, pesci, serpenti, vermi. Non senza che contenuti per noi strani rientrassero in queste categorie apparentemente familiari, così che ci viene in mente il racconto di Borges citato da Foucault all'inizio di Les mots et les choses, dove si racconta di una enciclopedia cinese in cui gli animali si dividono in a) appartenenti all'imperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati, d) maialini di latte, e) sirene, e via classificando.

L'altro elemento che il libro incorpora, per così dire, dal mondo studiato, è il rapporto fra testo e immagine, dato che i codici che conservano i bestiari sono costantemente illustrati. Il risultato è davvero strepitoso: grandi, splendide immagini a doppia pagina aprono i vari capitoli, mentre altre, accompagnate da didascalie narrative, costruiscono una specie di percorso doppio, una galleria che si può scorrere anche autonomamente, o ripercorrere a integrazione del testo. Un libro davvero di qualità, anche dal punto di vista visivo, da leggere e sfogliare magari durante le feste di Natale.

Michel Pastoureau, Bestiari del Medioevo, Einaudi, Torino, pagg. 314,
€ 35,00

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