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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 15:25.

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Lo abbiamo capito: quest’anno vogliono farci assistere a uno spettacolo diverso. Alta la qualità degli artisti selezionati (garantisce l’ex Pfm Mauro Pagani), nuova la formula della competizione con due pezzi in gara per concorrente e zero eliminazioni, così nessuno ci rimane male (fin qui chi ha protestato per l’esclusione, in alcuni casi, è stato blandito con un posto da ospite).

È la «missione» di fra’ Fabio Fazio, lo sappiamo. Ma siamo sicuri che il festival di Sanremo ai nastri di partenza saprà fare a meno del suo tradizionale «piatto forte»? Stiamo parlando del tormentone, l’amata-odiata canzonetta orecchiabile che ti si ficca in testa e non va più via, a meno che non ci si sottoponga a una traumatica cura Ludovico. Dall’edizione del 1951 a oggi ne abbiamo fatto indigestione. Ce ne sono di orrendi, di insopportabili, di dignitosi, qualcuno è diventato addirittura leggenda. Ve ne regaliamo dieci: che vi servano come amuleto per difendervi dal buonismo faziano.

«Nel blu dipinto di blu» di Domenico Modugno

Di sicuro il più nobile tra i tormentoni, quello che nel 1958 sancì la vittoria di Domenico Modugno e il vero inizio della leggenda sanremese. Testo scritto a quattro mani con un ancora giovane Franco Migliacci, musica a firma della grande voce di Polignano a Mare. Partenza sospesa con qualche concessione al virtuosismo, ritornello costruito intorno a quell’«o-o-o-oh» che strizza l’occhio pure agli ascoltatori più frigidi. Quando l’ex Beatle George Harrison, negli anni Ottanta, arrivò come ospite del Festival, si sentì chiedere da un giornalista quali canzoni italiane conoscesse. Rispose: «Solo Volare».

«Le mille bolle blu» di Mina

Altra prova del fatto che tormentone non deve per forza far rima con polpettone: nell’edizione del ’61 Mina si presenta in concorso con questa canzoncina frizzante, scritta dalla coppia Vito Pallavicini-Carlo Alberto Rossi. L’effetto sorpresa che ti cattura sta nel suono onomatopeico che la Tigre di Cremona intona nel ritornello. Brano secondo la critica destinato alla vittoria finale sin dalla prima esecuzione, finirà quinto in classifica. Non è un caso se la Nostra da allora non vorrà più mettere piede in Riviera.

«Bella da morire» degli Homo Sapiens

Qualche volta (anzi spesso) i tormentoni vincono. Accadde nell’edizione del ’77 con la ballad zuccherosa «Bella da morire» eseguita dagli Homo Sapiens, band il cui nome prometteva suggestioni progressive tanto in voga nel più glorioso decennio del rock italiano. Promessa non mantenuta: quello del complesso era un pop cantautorale facile facile pensato per i primi appuntamenti galanti con la macchina presa in prestito da papà. Ma «Bella da morire» è stata soprattutto un must per le feste delle medie.

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