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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2013 alle ore 08:40.

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Ricordo il giorno bollente in cui siamo entrati nel cantiere della torre di César Pelli per l'UniCredit. Le macchine da movimento-terra facevano lo slalom in quella che – ci spiegavano – sarebbe diventata la smisurata piazza centrale – ora polvere, ferri, operai accaldati. Quando si finirà? Per Natale. Possibile? Sembra tutto così indietro... E come diventerà? Sarà enorme, diverso, forse estraneo per i milanesi. Dovranno capirlo, imparare ad apprezzarlo, venire a patti con un luogo che non appartiene al loro modo di vivere la città. Chissà. E quanto a vedere Milano da su, dall'alto della torre, dominata e quasi ridicolizzata? Possibile che l'architettura giochi così con la vita della gente normale?
Il film l'abbiamo finito e presentato. Racconta l'inizio di un lavoro. E i mesi sono passati. L'estate è passata. E ho ricominciato a fare su e giù tra Roma e Milano, lavoro qui, famiglia là. Poi un giorno, alla vigilia di Natale, è capitato che c'era da fare un servizio alla Torre UniCredit delle Varesine. Sceso dall'auto, mi sono staccato dal gruppo. Dove c'era il cantiere, c'è una salita di marmo sinuosa, scale mobili silenziose, ringhiere lucenti. Sono entrato. Ecco il luogo del delitto della Milano che rifiuta l'eutanasia. Sarà assurdo costruire un posto così in tempi di quaresima, ma è stato fatto, inaugurato, benedetto dal prelato e aperto alla cittadinanza.

Giochi d'acqua, materiali di globalistica preziosità, svolazzi architettonici. Cose belle e meno belle. Successi e azzardi. Non importa: si sente, salendo a piazza Gae Aulenti, che questo è il futuro prossimo della nostra collettività. Nonostante tutto. Il varo è superato. Chiamo Bonami per sentire come va la sua esperienza milanese, a distanza di sei mesi: «Complicata ma interessante – risponde –, perché alla fine si riescono a fare delle cose, a dispetto della burocrazia endemica. Qui c'è effettivamente la volontà di fare, anche se è difficile programmare». E i cantieri che ora sono spazi accessibili, che effetto gli fanno? «Quando le cose cominciano a vivere, la gente se ne appropria come vuole, non com'era stato progettato. Bisogna vedere se così se le godranno davvero. Che non diventino delle vetrine di nordica Europa, in una città che non smette d'avere i vizi locali».

Si dice che la navigazione va verso l'Expo, prima fermata della crociera di Milano verso il domani. Non so se è fantascienza all'italiana. So che, per una volta, non è commedia all'italiana. Quella dove tutto finisce in vacca. Questa è Milano. È la declinazione angolare e speculativa dell'italianità. L'aveva capito Visconti, fissandola in Rocco e i suoi fratelli. E allora esultiamo perché un posto così continua a esistere, a cambiare, ad aprire strade.

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