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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 08:50.

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(1967): Arthur Penn con questo cult di fatto diede inizio alla New Hollywood. Warren Beatty e Faye Dunaway nella parte di Clyde Barrow e Bonnie Parker sono il simbolo di una generazione ribelle, repressa e anche un po' annoiata. L'anno dopo quest'inquietudine sarebbe esplosa nel maggio del 1968, qui troviamo un'opera esaltante con un finale senza consolazioni. Un racconto d'amore e criminalità che riscrive la grammatica cinematografica e forse anche quella dell'amore.

Io e Annie (1977): siamo sinceri, praticamente tutti i film del grande Woody parlano d'amore. Ma qui, sarà per Diane Keaton (che fa sembrare sentimentale anche Il padrino), sarà per l'alchimia tra i due, sarà per l'ispirazione e i dialoghi mai così efficaci, siamo al culmine. Eppure non è altro che il racconto di un amore finito. Ma in fondo c'è qualcosa di più romantico di una storia passata? No, e sapete perché? Il ricordo rende tutto più epico, unico, caldo.

Dirty Dancing (1987): “Nessuno può mettere Baby in un angolo”. Lo hanno fatto, visto che Jennifer Grey dopo questo enorme successo ha raccolto poco e niente in carriera. Ma rimane la frase che ha commosso una generazione di ragazze, alla fine di una storia tra un istruttore di ballo molto sexy e un'adolescente borghese in vacanza. Simbolo di un genere “ballerino” che con ottima musica e danze scatenate (ricordiamo anche Greese e Footloose, non dimenticando Flashdance) hanno reso roventi i sentimenti degli spettatori. E pur se incastonato in un altro genere, possiamo ricordare Romeo+Juliet: operetta pop di Baz Luhrmann in cui ci si muove parecchio e si sente ottima musica (Lovefool dei Cardigans su tutti). E Baz è un esperto: chi non si è “sciolto” con Moulin Rouge?

La vita segreta delle parole (2005): Isabel Coixet è una delle registe moderne più capaci di penetrare i lati più profondi dell'animo umano. Lo sapevano a Verona, in quel festival meraviglioso che era Schermi d'amore (purtroppo lasciato morire dalla crisi e dall'indifferenza per la cultura di questo paese), che le dedicò ampio spazio in una delle sue più belle edizioni. Qui isola due anime perse su una piattaforma petrolifera, lui è ferito nel corpo, lei nell'anima. Lei lo cura, lui...pure. Tim Robbins ci scartavetra il cuore con la dichiarazione d'amore finale, con quel mare che vuole riempire di lacrime, Sarah Polley con il suo muto dolore. E proprio quest'ultima, in Away from her, dirige Julie Christie (la Lara di Lean, proprio lei) raccontando un amore distrutto dall'Alzheimer. E che si ricostruisce faticosamente ed eroicamente. E a proposito di amore e malattia ricordiamo che Haneke sta correndo per diversi Oscar con Amour.

Le pagine della nostra vita (2004): Nick Cassavetes non è all'altezza del papà John. Ma da She's so lovely fino a Le pagine della nostra vita, appunto, sa portarti fino alle lacrime con una facilità incredibile. Se poi decide di prendere un libro di Nicholas Sparks, che del cuore fa briciole nelle sue pagine scritte con incredibile perizia, rischiate di prosciugarvi. E se ancora non vi basta, sappiate che nel cast trovate Gena Rowlands, Rachel McAdams e Ryan Gosling (che poi ha riscritto il romanticismo a forza di pugni in Drive, con silenzio e sacrificio, alla maniera antica). Ah, il tutto è ambientato negli anni '40. Irresistibile, nel senso più ampio del termine.

Lilli e il Vagabondo (1955): Due cagnolini e uno spaghetto, altro che due cuori e una capanna. Disney ha raccontato l'amore con un gioco che finisce con una risata: e cos'è il sentimento più bello del mondo se non la complicità nel divertirsi come matti? Biagio il cane randagio è l'uomo, pardon il cane, che tutte le mamme, pardon le padrone, non vorrebbero avere come genero, ma la verità è che l'amore è cieco solo apparentemente. Come sempre l'animazione guarda dentro l'anima (c'è storia d'amore più bella del Wall-E della Pixar?), e qui c'è il trionfo della diversità che diventa integrazione e completezza.

Il presidente – Una storia d'amore (1995): ancora Rob Reiner, ma qui abbiamo Aaron Sorkin. Che la storia d'amore la porta alla Casa Bianca (anni dopo in tv, con West Wing, ci avrebbe fatto vivere due mandati di un presidente democratico immaginario, Martin Sheen, che qui è “solo” il capo del suo staff). Michel Douglas qui è un dolce presidente Usa che scopre l'amore in un'avversaria, Annette Bening, che gli mostra la strada giusta, in tutti i sensi. Niente male per uno che in carriera il momento più romantico l'ha vissuto con Basic Instinct e Attrazione fatale. Il suo discorso finale è amore puro, per la politica e per la nuova compagna.

I segreti di Brokeback Mountain (2005): quella scena d'amore tra due uomini, appena accennata e in penombra, è una delle più erotiche della storia del cinema. Ang Lee si supera, gli amici Heath Ledger e Jake Gyllenhall sono perfetti, così come Michelle Williams e Anne Hathaway nelle parti delle mogli e silenziose testimoni. Una grande storia d'amore e di attrazione fisica, in cui entri dentro un rapporto clandestino ma fortissimo. La più famosa e forse tenera storia gay del cinema, arte che di amori “diversi” (solo per chi non li capisce) ne ha raccontati molti. E bene.

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