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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2013 alle ore 08:20.

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In questi ultimi due decenni gli studi bruniani hanno compiuto passi da gigante grazie alla pubblicazione di nuove edizioni di testi, nuovi documenti, numerosi lavori critici di qualità. Non tenerne conto e decidere di pubblicare, oggi, una biografia datata 1995 come se nel frattempo niente o quasi fosse accaduto è certamente un limite. O perlomeno a me pare così. Soprattutto se si considera l'importanza che per una biografia come quella di Bruno hanno le fonti documentarie, davvero rarissime.
La ricerca scientifica di cui tanto si parla non è solo quella che si compie nei laboratori di biologia, di fisica o d'ingegneria. C'è anche un altro tipo di ricerca di cui quasi più nessuno si accorge, quella che si svolge dentro alle sempre più povere e disastrate biblioteche e archivi storici di questo Paese, che è ormai incapace (per ignoranza e incuria) di accorgersi della loro unicità e ricchezza. Come appunto dimostrano due recenti scoperte bruniane. La prima è un documento straordinario: uno schizzo a inchiostro di Giordano Bruno tra le fiamme eseguito da un notaio che assisteva al rogo. È stato rinvenuto nell'Archivio di Stato di Roma e pubblicato da Nuccio Ordine sul «Corriere della Sera» il 17 febbraio del 2011 e, successivamente, con un ampio commento, da Michele Di Sivo e Orietta Verdi sull'ultimo fascicolo di «Bruniana & Campanelliana». Il secondo è un avviso anonimo pubblicato tre anni fa da Federica Favino sulla rivista «Galilaeana», in seguito annunciato su queste pagine, e rintracciato nella corrispondenza del fondo Orsini che si conserva nell'Archivio Storico Capitolino di Roma. Una testimonianza notevole che si aggiunge a quella ben nota di Kaspar Schopp. Anch'essa fornita dal vivo e in diretta, e che non può mancare in un'aggiornata biografia del filosofo nolano: «Sta per brugiarsi un relasso ostinato chiamato Tadeo sic Bruno da Nola grandissimo letterato che per tre anni è stato al Santo Officio, il quale ultimamente dicesse al cardinale Santa Severina che egli di dottrina, et massime di filosophia sapeva più di San Tomaso, et che con magior allegrezza haveva intesa la sua sentenza di essere arso, che essi con amaritudine et dispiacere non glila havevano letta».
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Bertrand Levergeois, Giordano Bruno, traduzione di Manuela Maddamma, Fazi, Roma, pagg. 576, € 18,50

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