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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2013 alle ore 08:19.

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Per proteggersi dai curiosi aveva fatto imprimere l'autoironico pseudonimo di «Domenico Sputo» davanti al portone di casa. Per gli amici più intimi, quelli che suonavano con lui, invece era «Ragno». Da queste parti lo inseguivano e se lo coccolavano.

Lucio Dalla era l'anima musicale di Bologna. E s'è visto ancora una volta: ieri sera una piazza Maggiore gremita all'inverosimile ha salutato il concerto evento «4 marzo» organizzato per celebrare quello che sarebbe stato il suo settantesimo compleanno, a un anno e tre giorni dalla sua scomparsa.
Clima di grande festa, diretta tv su Rai1 per la regia di Bibi Ballandi, scaletta in sintonia con i format Rai (spot televisivi e alcuni playback compresi). E pazienza se non tutti gli illustri invitati sono stati all'altezza del materiale che – grazie a Lucio – si trovavano a eseguire. E pazienza se qualche illustre invitato ne ha addirittura approfittato per lucidare, di fronte alla vastissima platea, pezzi propri che con Dalla poco o nulla avevano a che fare. Maestro di cerimonie l'amico Gianni Morandi, temprato nella conduzione televisiva da due edizioni Sanremo ma non per questo meno incline alle gaffe (clamorosa una con Bocelli).

La prima volta di «Piazza Grande»
Il concerto si è aperto con un video del 1972: Mike Bongiorno presenta Dalla a Sanremo, lo definisce «l'uomo dal berretto d'oro» e annuncia «Piazza Grande». Fade out e Morandi prende il microfono, duettando idealmente con il cantautore bolognese sulle note di «Vita». «Cia Lucio: la tua piazza, piazza Maggiore, piazza grande. Secondo noi non c'è modo migliore per festeggiarti, essere qui e cantare tutti insieme le tue canzoni, tutta Bologna, tutta la piazza, tutta Italia ti dice buon compleanno Lucio», dice dal palco l'ex golden boy di Monghidoro. Parte così la line-up di superospiti: il primo è Renato Zero che divide il palco con Morandi su «L'anno che verrà», quindi esegue in playback «Lu», brano scritto per l'occasione. Sarà l'emozione o chissà che altro, ma in entrambi i casi sembra prendersi troppo sul serio. Il jazzista Stefano Di Battista, grazie a un sapiente montaggio video, incrocia il proprio clarino con quello di Lucio per introdurre «Tu non mi basti mai», interpretata dal fresco vincitore di Sanremo Marco Mengoni. È il momento dell'orchestra giovanile «Dalla Classica», nata pure lei nel nome del cantautore bolognese e diretta dal suo storico collaboratore Beppe D'Onghia. Salto di registro e il Bologna Football Club di cui il Lucio nazionale era tifoso si produce nel balletto di «Attenti al Lupo» con la storica corista Iskra Menarini a guidarlo.

La «Canzone» di Bersani
Sul sagrato di San Petronio Zucchero si esibisce accompagnato da un coro gospel in «Ave Maria No Morro». L'interpretazione è buona, ma viene in mente la polemica della vigilia nata attorno alle parole di Samuele Bersani per la scelta di mettere in scaletta anche qualche brano non scritto da Dalla. «Nessuna polemica – ha spiegato Bersani ai cronisti dietro al palco - sono stato frainteso, io parlo per amore, forse dovevo essere più democristiano ma ho il cuore "scemo", non c'è nessun rischio che questa serata diventi un Festivalbar». Quindi è la volta di Adrea Bocelli che, in duetto con Morandi, si cimenta con il testo sacro di «4 marzo 1943». Il grande amore di Lucio per la canzone napoletana viene enfatizzato dalla cover di «Malafemmena» eseguita dal tenore pisano che fu suo amico. E che improvviserà il ritornello di «Caruso». Bersani appare tra i più convincenti: esegue «Canzone» - brano che proprio per Lucio fu scritto - e strappa applausi. Bene anche Pino Daniele che commuove in una versione contaminata di «Caruso», protagonista la Stratocaster bianca. Non si può dire altrettanto del conterraneo Gigi D'Alessio cui tocca in sorte «Disperato erotico stomp», tra i pezzi più irriverenti del repertorio di Dalla: sembra quasi che si vergogni a cantarla.

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