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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 15:42.

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Una scena da "La cuoca del Presidente"Una scena da "La cuoca del Presidente"

Un weekend tutto al femminile: nella settimana in cui si celebra la festa della donna, il grande schermo propone diverse pellicole con protagoniste ragazze inquiete e ribelli, cuoche provette e persino qualche strega.

Tra queste, la più curiosa e anticonvenzionale è «Spring Breakers» di Harmony Korine, presentata in concorso all'ultima Mostra di Venezia. Il regista americano (uno dei principali esponenti della scena indie degli anni '90, grazie a titoli come «Gummo» e «Julien Donkey-boy») ha chiamato a raccolta la moglie Rachel e tre volti noti della tv per adolescenti (Ashley Benson, Vanessa Hudgens di «High School Musical» e Selena Gomez, apparsa in varie serie prodotte da Disney Channel) per trasformarle in «Spring Breakers», sarcasticamente, in ragazze trasgressive e disinibite.

Le quattro giovani protagoniste, disposte anche a rapinare fast-food pur di ottenere la cifra necessaria per andare in Florida a passare "le vacanze di primavera", realizzeranno il proprio sogno ma finiranno in prigione in seguito a una retata. La loro cauzione verrà inaspettatamente pagata da Alien (James Franco), un noto criminale del luogo che le prenderà sotto la sua protezione.

Colori psichedelici e ambientazioni lisergiche fanno di «Spring Breakers» un inusuale poema ultra-pop che, seppur meno convincente dei suoi primi lavori, conferma il talento di un regista totalmente fuori dagli schemi.
Cantore dei freak dell'America contemporanea, Korine questa volta ribalta l'immaginario dei teen-movie trasformando la salita verso il sogno a stelle e strisce in un'inarrestabile discesa agli inferi: il suo messaggio è fin troppo urlato, impetuoso, ed esuberante ma riesce comunque a risultare efficace.

Non tutte le sequenze appaiono davvero necessarie, ma c'è un momento (in cui si riassume tutto il film) che rimarrà: Alien al pianoforte suona «Everytime» di Britney Spears mentre intorno a lui le quattro ragazze cantano maneggiando delle armi da fuoco, vestite soltanto con bikini fosforescenti e con in testa dei passamontagna rosa con il logo della serie animata «Mio mini pony».

James Franco è anche protagonista di «Il grande e potente Oz», il ritorno dietro la macchina da presa di Sam Raimi a quattro anni di distanza da «Drag Me to Hell».
Prequel de «Il mago di Oz» (la pellicola di Victor Fleming con Judy Garland è datata 1939), il nuovo film racconta la vita di Oscar Diggs, illusionista di un piccolo circo, che viene magicamente trasportato dal polveroso Kansas nel fantastico Regno di Oz.
Fortuna e gloria sembrano essere a portata di mano, fino a quando incontra tre streghe poco convinte che sia davvero lui quel grande mago che tutti stavano aspettando.

Prodotto dalla Walt Disney Pictures, «Il grande e potente Oz» è un film che alterna interessanti spunti autoriali a necessità commerciali di vario tipo. Il punto di forza è l'apparato visivo (molto simile a quello di «Alice in Wonderland» di Tim Burton) mentre la sceneggiatura soffre di qualche lungaggine di troppo, soprattutto nella parte centrale. Menzione speciale per gli accattivanti titoli di testa accompagnati dalla sinuosa partitura musicale di Danny Elfman.

Titolo meno coinvolgente è «La cuoca del presidente», diretto dal francese Christian Vincent con Catherine Frot. L'attrice interpreta Hortense Laborie, una cuoca rinomata che vive nel Périgord, chiamata a sorpresa dal Presidente della Repubblica per diventare la responsabile della sua cucina personale all'Eliseo. La genuinità delle sue portate sedurrà in poco tempo il Presidente, ma quello che accade dietro le quinte, nelle stanze del potere, le creerà molti ostacoli.

Ispirandosi alla storia vera di Danièle Mazet-Delpeuche (per alcuni anni cuoca di François Mitterand), Vincent ha realizzato una commedia piuttosto piatta e poco incisiva.

Nonostante il tema culinario, il film punta troppo sull'estetica delle pietanze messe in scena perdendo di vista la costruzione psicologica dei personaggi e non riuscendo a mantenere un ritmo narrativo quantomeno accettabile.

Infine, la più grande delusione del weekend è rappresentata da «Il lato positivo» di David O.Russell, film candidato a otto nomination agli ultimi premi Oscar. Il personaggio principale è Pat Solitano (Bradley Cooper), trentacinquenne tornato a casa dei genitori dopo aver passato un lungo periodo in un ospedale psichiatrico. Determinato a rifarsi una vita, Pat vuole riconquistare l'ex moglie che l'ha lasciato, così da ritrovare la serenità perduta: Tiffany (Jennifer Lawrence), una ragazza misteriosa e problematica, lo aiuterà a raggiungere il suo obiettivo se in cambio lui le farà da spalla in un'importante gara di ballo.

Tratto dal romanzo «The Silver Linings Playbook» di Matthew Quick del 2008, «Il lato positivo» è un'operazione furba e studiata a tavolino, che sotto una superficie ricca di tanti argomenti nasconde contenuti banali e privi di spunti d'interesse.
Didascalico per tutta la sua durata, è un film che si limita a ripetere i tradizionali cliché delle più basse produzioni hollywoodiane del genere.

Nel cast, Bradley Cooper si dimostra più spaesato del personaggio che sta interpretando, mentre Jennifer Lawrence (Oscar come miglior attrice protagonista) è brava e credibile, anche se la statuetta più prestigiosa l'avrebbero meritata l'intensa Jessica Chastain di «Zero Dark Thirty» o la memorabile Emmanuelle Riva di «Amour».

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