Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2013 alle ore 19:50.

My24
La coda per accedere alla camera ardente di Enzo Jannacci allestita nel foyer del teatro Dal Verme a Milano (Ansa)La coda per accedere alla camera ardente di Enzo Jannacci allestita nel foyer del teatro Dal Verme a Milano (Ansa)

Alla camera ardente di Enzo Jannacci, al Teatro Dal Verme, si scopre che "la Milano che non c'è piu", invece, esiste ancora ed è nelle facce e negli occhi lucidi della gente comune che, con gli amici e i colleghi, ha voluto salutare per l'ultima volta il cantautore scomparso venerdì scorso. Molti di loro sono venuti davvero dalle periferie che il medico-cantante ha raccontato: l'Ortica, Rogoredo, il Giambellino. Le canzoni di Jannacci hanno in molti casi accompagnato la loro gioventù, in quella Milano, dura, che negli anni '60 cominciava a crescere in modo tumultuoso. «Non avevamo niente - raccontano -, ma ci si aiutava tutti».

Alla camera ardente si scopre anche che le canzoni di Jannacci hanno fatto comprendere Milano anche a chi non c'è nato ma, per l'avventura della vita, ci è venuto e si è fermato per sempre. Come Salvatore: «Io sono calabrese, un "terrone", ma vivo qui da 40 anni e le sue canzoni ce le ho nel cuore».
Jannacci, come spiegato dal sindaco Giuliano Pisapia, sarà sepolto nel Famedio, il posto in cui riposano coloro che, in modi diversi, hanno contribuito a migliorare il capoluogo lombardo. Il medico-poeta riposerà accanto, fra gli altri, ad Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo e ancora, a Salvatore Quasimodo e, fra i più recenti "figli famosi" di Milano, all'amico Giorgio Gaber.

La camera ardente resterà aperta ancora in via San Giovanni sul Muro, dalle 9 alle 13, e poi alle 14,45 si terranno nella basilica di Sant'Ambrogio: a celebrarli sarà don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana. E non è un caso che la Caritas editi da tempo un giornale che si intitola "Scarp dè tenis", da una delle più famose canzoni di Jannacci.

Alla camera ardente tanti amici in questi giorni: vecchi colleghi del cabaret milanese, poi Moni Ovadia, Fabio Fazio. «Era un genio - racconta commosso il conduttore di Che tempo che fa -. Perché i geni sono coloro che inventano cose che prima non esistevano: e lui ha creato un linguaggio, un mondo, un ambiente». A Fazio mancheranno «le sue telefonate, la sue cose che sembravano strampalate che, invece, erano pensieri che correvano troppo in fretta».

Alla camera ardente la moglie di Jannacci, Giuliana Orefice, e il figlio, Paolo che, con la stessa gentilezza mista a timidezza del padre, ringrazia tutti: «Grazie per essere venuti e per le belle cose che avete detto».

Qui Jannacci riposerà accanto, fra gli altri, ad Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo e ancora, a Salvatore Quasimodo e, fra i più recenti "figli famosi" di Milano, l'amico Giorgio Gaber.
A celebrare le esequie nella chiesa intitolata al patrono del capoluogo lombardo, sarà il direttore della Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo. Una scelta questa, per sottolineare ancora e ricordare l'attenzione che anche Jannacci aveva sempre avuto verso gli "ultimi".

Tra i tanti che oggi hanno sfilato davanti alla bara del cantautore, il conduttore televisivo Fabio Fazio che aveva dedicato uno "speciale" a Jannacci nel dicembre 2011 e del quale era amico. «Era un genio - ha detto all'uscita della camera ardente - uno di quelli che inventano le cose che non esistevano prima di loro. Lui ha inventato una lingua, un mondo, un ambiente. Mi mancherà la sua umanità. Mi mancheranno le sue telefonate, le cose apparentemente strampalate che diceva e che invece erano idee, pensieri che correvano troppo veloci».

«Lui era veramente una forza della natura», scrive invece l'amico Adriano Celentano ricordando Jannacci in un lungo post su Facebook. «Sia che suonasse jazz o "Rosamunda ci metteva lo stesso entusiasmo. Perché lui era davvero amante della vita in tutte le sue manifestazioni, nonostante facesse fatica a credere che questa di vita, un giorno potesse continuare». «Già mi sembra di vederlo, seduto su uno dei tanti rami di quella vita che non può finire - conclude Celentano - Bello, giovane come non lo è mai stato, e farsi due risate, mentre qui da basso noi lo piangiamo come se non dovessimo più incontrarlo».

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi