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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2013 alle ore 17:19.

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È accaduto tutto in poche ore, nei giorni che hanno segnato l'approssimarsi della Pasqua. Due eventi luttuosi, uno a Milano e l'altro a Roma, che hanno colpito come dardi il mondo della musica, seppure da angolature così diverse tra loro. Prima la scomparsa del grande Enzo Jannacci: il medico-poeta cantore degli ultimi, l'inventore di una comicità surreale che non è mai passata di moda, se n'è andato venerdì santo a Milano. E poi, mentre Milano si preparava ad accogliere Jannacci nella Camera ardente, allestita al teatro Dal Verme, per consentire l'abbraccio collettivo, è morto ad Acilia (Roma) Franco Califano, il "Califfo": poeta trasgressivo, romano d'adozione e di temperamento.

Una coincidenza temporale che ha lasciato molti senza fiato. «Sono affranto. Questa è una Pasqua da dimenticare», ha detto Fiorello incredulo alla notizia della morte di Franco Califano. «Ieri Jannacci, oggi Califano... È così triste», sono state le prime parole dello showman, pronunciate sabato sera al telefono con l'Ansa.

Inevitabile accostare la scomparsa del "Califfo" a quella, avvenuta solo il giorno prima, di Jannacci. Fiorello è convinto che personaggi di questo calibro non meritino banalità. «Erano unici e irripetibili: Jannacci è Jannacci, Califano è Califano e ha scritto cose meravigliose. Siamo fortunati ad aver potuto conoscere due personaggi così grandi».

Fiorello ricorda infine un grande desiderio di Califano che, tra il serio e il faceto, aveva espresso in più occasioni: «una volta, sul palco del Teatro Sistina, Califano ha detto che voleva che sulla sua lapide ci fosse scritto semplicemente "non escludo il ritorno" (titolo di una sua canzone, ndr). Speriamo che sia così, Franco, io ci credo».

«Due grandi, così diversi ma tanto vicini», ha affermato invece Pippo Baudo, quando ha appreso della scomparsa del "Califfo", a un giorno di distanza da Jannacci. «Due grandi talenti, diversissimi l'uno dall'altro eppure entrambi poeti, Enzo Jannacci e Franco Califano, uno con l'aria scanzonata del bauscia milanese, l'altro con un romanticismo romanesco che nasceva anche questo dalla periferia».

«Ieri Jannacci, oggi Califano... scompaiono due artisti, bravi e diversi. Uno simpatico e caro amico, l'altro un "maestro"». Così Vasco Rossi, con un post pubblicato poco prima del mezzogiorno di Pasqua sulla sua pagina Facebook, ricorda i due artisti scomparsi nell'arco di 24 ore. «Ho scoperto Jannacci - ricorda il Blasco - quando avevo 16
anni. Le sue canzoni in milanese mi conquistarono subito. Erano divertenti e originali. Dipingevano personaggi disperati e sfortunati. Gli ultimi non i primi. Gli antieroi, le persone comuni (l'Armando, Vincenzina)». «La sua ironia amara, la sua satira sottile, sferzante, acuta e irresistibile - continua Vasco - lo portò in seguito a scrivere alcuni tra i più grandi capolavori della canzone italiana. 'Vengo anch'iò, 'Quelli chè, 'Se me lo

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