Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2013 alle ore 13:45.

My24
(Olycom)(Olycom)

Europacinema, Viareggio, direzione di Felice Laudadio, anno 2007. Il festival dedica tutta la sua attenzione alla Spagna e il premio alla carriera più importante Laudadio lo consegna a Bigas Luna. Ebbi il privilegio di conoscerlo e di condurre la lezione di cinema organizzata per onorarlo ma mi trovai davanti un ragazzo di 61 anni, che mi schiaffeggiò subito con la sua vivacità intellettuale, sentimentale, cinematografica e fisica. Aveva appena mostrato al pubblico Yo soy la Juani, mai arrivato in Italia, che sembrava girato da un giovanissimo esordiente, un'avventura sensuale di una grintosa ragazza di periferia, Veronica Echegui – allora alla sua opera prima su grande schermo e forse la sua ultima grande scoperta femminile - alle prese con il sogno di diventare attrice. Accanto a lei Dani Martin, leader e cantante della band El canto del loco. Scelte da cineasta indie, da outsider, non da grande maestro del cinema spagnolo, vincitore del Leone d'argento a Venezia con Prosciutto Prosciutto.

Ma Bigas Luna, nell'Accademia dei miti non era mai entrato, gli piaceva troppo la vita. Quella che raccontò con immagini montate a ritmo esagerato, una colonna sonora da urlo e il look di Veronica Echegui che metteva insieme il suo amore per la fisicità a quell'eleganza selvaggia che lui cercava ovunque. In quell'intervista pubblica, sorridendo sornione, si definì in maniera geniale. «Chi sono io? Un uomo che si sveglia mistico e va a dormire pagano». In quel viaggio nel suo cinema viveva quasi con fastidio il premio alla carriera, così come le domande sul passato. A meno che non fosse quello più lontano. «La mia passione per il cinema nasce da bambino, da quando amavo raccontare storie, anzi bugie. Perché la menzogna innocente di un bimbo è il primo vero atto di creatività di un essere umano». Azzannava il presente, al cinema e fuori. Anzi, lo cavalcava. Tanto che il fatto che il suo film, in Spagna, fosse in quel momento il più piratato, lo riempiva d'orgoglio.

Aveva conosciuto il cinema con il super 8, poco dopo aver lasciato la facoltà di economia e mentre faceva ancora il designer, ma sapeva tutto del digitale e le sue ultime opere usavano tutte le nuove tecnologie. La sexy e dura Juani, nel 2006, interagiva con cellulari, mp3 e compurer. Allora di ultima generazione. «Certo – disse - l'avvento delle nuove tecnologie è stata una tappa fondamentale, non solo al cinema. Prima di realizzare Yo soy la Juani, ho pensato: nel XXI secolo anche le forme narrative devono cambiare. Oltre ad essere piaciuto molto in sala, il film ha avuto un record di download illegali, il che è terroristico ma anche affascinante. Tre milioni di persone hanno goduto della mia storia, non posso non esserne felice. Anche se ciò non mi arricchisce. In realtà sto ancora cercando qual è il senso di quest'era di transizione che stiamo vivendo. Personalmente, vorrei un ritorno alla terra, che è l'unica risorsa che abbiamo. Dobbiamo scoprire la velocità di un seme, in una società così veloce. Per questo, io insegno a fare film ma anche come realizzare un orto biologico! Mi piacerebbe vivere in una società tecno-agricola, che recuperasse tutti gli errori dell'età industriale». Un sognatore romantico e un amante della vita. «Le mie muse ispiratrici sono aglio e olio d'oliva, da sempre. Vedete, c'è chi è necrofilo, io non giudico nessuno, ma io sono decisamente un biofilo. Amo la vita e credo che ci siano tre punti fondamentali: la spiritualità, il cibo e la sessualità».

Così conquistò la nostra Francesca Neri ne Le eta di Lulù, che rese noto a tutto il mondo il talento dell'interprete italiana, mettendola al centro della storia di Almudena Grandes, forse persino migliorandola. E così, in Prosciutto Prosciutto scovò una Penelope Cruz ancora adolescente (accanto a Stefania Sandrelli e Anna Galiena): i suoi nudi in quel film rimangono nella storia del cinema e nell'immaginario erotico di più generazioni, ma Bigas Luna fu grande nel capirne la potenza interpretativa. E la richiamò anche in Volaverunt, forse il suo ultimo grande successo internazionale. Amava scoprire gli attori, in tutti i sensi. Nei suoi lunghi e affollati provini cercava esordienti, facce e corpi nuovi, di cui si innamorava irrimediabilmente. "Così tanto che poi, quando giravano con altri, vivevo momenti di insopprimibile gelosia. Se solo avessi potuto, sarei andato a vivere in un grande albergo in Toscana con tutti coloro che hanno recitato per me, per averli sempre vicino". Lo hanno spesso relegato nel cinema erotico, come poeta del corpo femminile. Ed era vero che sapeva accarezzare le donne come nessun altro. Ma lo stesso accadeva con gli uomini: se ora abbiamo Javier Bardem, lo dobbiamo a lui. Lo aveva notato Almodovar – in Donne sull'orlo di una crisi di nervi – ma fu quel cineasta gaudente a capirlo, ne Le età di Lulù. «Ma sono un femminista, quando dico bellezza, dico donna. Detesto il machismo, anche se amo la virilità. Ma femminilità e forme femminili sono la vera fonte d'energia, spirituale e sensuale insieme».

Ha sempre amato l'Italia, tanto da lavorarci e tornarci spesso. I nostri interpreti facevano parte del suo panorama di scelte, sempre. Oltre a queli citati, ricordiamo anche Alessandro Gassman nello sfortunato Uova d'oro e il suo grande abbaglio, Bambola, con Valeria Marini. Amava Vittorio De Sica e la sua "sequenza preferita è una de L'oro di Napoli, dove il protagonista mangia la pasta piangendo… Un poeta diceva "il silenzio è originale, la parola è soltanto una copia".

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi