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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2013 alle ore 15:39.
Da dimenticare, va detto, sono anche altri due film italiani: "Ci vediamo domani" e "11 settembre 1683". La prima è una commedia con ambizioni da malinconica riflessione sul presente senza valori e senza opportunità, soprattutto, per chi è troppo onesto, doveva lanciare Enrico Brignano al cinema, finalmente solo. Operazione fallita: si ride poco, ci si commuove di meno, l'attore non trova mai il registro giusto come finora accadutogli sul grande schermo. Se sul palco fai faville, spesso al cinema non rendi. Succede ai più grandi, può accadere anche all'efficace comico romano. E dire che lo humor nero su immortalità e vecchiaia era una grande occasione. Sempre meglio, però, dell'ultimo film di Renzo Martinelli, "11 settembre 1683" ancora infognato nel cercare nel passato le radici dell'odio verso i nemici dell'occidente, degno della peggior Oriana Fallaci. Qui i selvaggi arabi vogliono invadere un'Europa fiaccata da corti e cortigiane e dal lusso: un frate cristiano e un condottiero musulmano (Murray Abraham e Enrico Lo Verso) combattono per il "giusto Dio".
La metafora sul presente è rozza come gli effetti digitali che sembrano presi da giochi del mitico ma obsoleto Commodore 64, la sceneggiatura è piena di dialoghi venati da umorismo involontario, la regia è tanto ambiziosa quanto pesante. Martinelli continua a piacerci più quando indaga i misteri del passato recente (Vajont, Piazza delle Cinque Lune e prossimamente Ustica) che quando va nell'oscurità di secoli piuttosto bui e viziati da una visione ideologica (Barbarossa e quest'ultimo film). Poco da dire infine su "L'ipnotista": Lasse Hallstrom torna in patria dopo un quarto di secolo e porta a casa un thriller di sicura riuscita ma con qualche sbavatura un po' buffa. Sfiora spesso la noia per qualche divagazione di troppo, ma se piace il genere del noir scandinavo, si va sul sicuro. Ancora meglio, però, il libro di Lars Kepler da cui è tratto, edito in Italia da Longanesi.
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