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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 19:53.

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Berenice Bejo (Epa)Berenice Bejo (Epa)

La Palma d'Oro va ad Abdel Kechiche: come da pronostici, il premio più ambito del Festival di Cannes 2013 è stato vinto da «La vie d'Adèle», toccante pellicola dell'autore tunisino che conquista così il riconoscimento più significativo della sua carriera.
La storia d'amore tra Adèle, una liceale di quindici anni, ed Emma, misteriosa ragazza dai capelli blu, ha conquistato il cuore della giuria capitanata da Steven Spielberg, oltre a quello dei tanti critici che ne hanno esaltato lo spessore stilistico e narrativo. Anche le due protagoniste, Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux, sono state premiate - eccezionalmente - con la Palma d'Oro.

Importantissimo riconoscimento, per i fratelli Coen, che si sono guadagnati il Grand Prix grazie a «Inside Llewyn Davis», pellicola ambientata negli anni '60 e incentrata sulla scena folk newyorkese del periodo.
La grande sorpresa del palmarès arriva però da un più che discutibile Premio per la miglior regia vinto da Amat Escalante per «Heli», pellicola messicana poco considerata dai pronostici, che ha ricevuto più stroncature che elogi dalla stampa internazionale.
Meritatissimi invece il Premio della Giuria a «Like Father, Like Son», un toccante dramma familiare diretto dal giapponese Hirokazu Kore-eda, e quello per la Miglior sceneggiatura a «A Touch of Sin», una spietata riflessione sulla Cina contemporanea firmata da Jia Zhang-ke.

La Palma d'Oro per il miglior attore è andata a Bruce Dern, protagonista di «Nebraska» di Alexander Payne, mentre quella per la miglior attrice è stata vinta da Bérénice Bejo per la sua intensa prova in «Le passé» dell'iraniano Asghar Farhadi.
Niente da fare, quindi, per Paolo Sorrentino, ma siamo pronti a scommettere che sarà il tempo a dare al suo monumentale «La grande bellezza» il riconoscimento che si merita.

Le altre sezioni
Nelle sezioni collaterali, «L'image manquante» di Rithy Panh è stato votato come miglior film di Un certain regard: il regista cambogiano, che ha raccontato una delle pagine più buie della storia del suo paese, ha voluto dedicare il premio a Jafar Panahi, l'autore iraniano condannato agli arresti domiciliari per aver protestato contro il regime di Teheran.
La giuria, capitanata dal danese Thomas Vinterberg, ha attribuito altri riconoscimenti a «Omar» di Hany Abu-Assad (Premio della Giuria) e a «L'inconnu du lac» di Alain Guiraudie (Miglior Regia). Nonostante i tanti apprezzamenti ricevuti dalla critica internazionale, «Miele» di Valeria Golino si è dovuto accontentare di una segnalazione della Giuria ecumenica.
La Quinzaine des Réalisateurs ha visto il trionfo del francese «Les garçons et Guillaume, à table», una commedia dai toni nostalgici che ha segnato l'esordio dietro la macchina da presa di Guillaume Gallienne. Nella stessa sezione è stato presentato «Ilo Ilo» di Anthony Chen, il film di Singapore che ha vinto l'ambita Caméra d'or (premio alla miglior opera prima ) sovrastando una nutrita concorrenza.
All'interno della categoria per il miglior cortometraggio, al primo posto «Safe» del sud-coreano Moon Byoung-Gon ma una menzione è arrivata anche per il nostro Adriano Valerio con «37°4 S».
Infine, una grande soddisfazione per gli italiani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza che si sono guadagnati il premio principale della Settimana della Critica con «Salvo», un'opera prima dai toni forti, ambientata nel sottobosco mafioso di Palermo, con protagonisti Salh Bakri e Luigi Lo Cascio.

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