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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 15:33.

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Ormai è questione di poche ore prima che vengano svelati i vincitori del Festival di Cannes 2013: in attesa della cerimonia di questa sera, bookmaker, appassionati e addetti ai lavori votano la propria Palma d'Oro con preferenze che vanno perlopiù a «La vie d'Adèle» di Abdel Kechiche, «Le passé» di Asghar Farhadi e «Inside Llewyn Davis» dei fratelli Coen.

Non manca però chi punta su «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino, titolo tra i più apprezzati e importanti della kermesse, o su due, toccanti, pellicole dell'estremo oriente: «A Touch of Sin» del cinese Jia Zhang-ke e «Like Father, Like Son» del giapponese Hirokazu Kore-Eda.

Aspettando di conoscere il verdetto della giuria capitanata da Steven Spielberg, nell'ultima giornata del Festival è stato presentato, fuori concorso, «Zulu» di Jérôme Salle, il film di chiusura della manifestazione.

Protagonisti sono Orlando Bloom e Forest Whitaker, che vestono i panni di due poliziotti di Città del Capo chiamati a far luce sull'omicidio di un'adolescente. L'indagine li costringerà a ripensare al proprio passato e ad affrontare i propri demoni interiori.

Tratto dall'omonimo romanzo di Caryl Férey, «Zulu» rappresenta il Sud Africa del post-Apartheid: una ferita tuttora aperta, le cui conseguenze sono ancora pienamente tangibili.

Jérôme Salle (noto per «Anthony Zimmer», film del 2005 a cui si è ispirato l'americano «The Tourist», con Johnny Depp e Angelina Jolie) dimostra il suo discreto talento imprimendo alla vicenda un buon ritmo e sfruttando al meglio la brillante colonna sonora di Alexandre Desplat, compositore anche dell'ottimo «Venus in Fur» di Roman Polanski.

L'attenzione del regista francese è però tutta per l'apparato visivo, mentre la sceneggiatura (scritta insieme a Julien Rappeneau) risulta scontata e prevedibile, tanto da ricordare l'andamento narrativo di diverse pellicole dello stesso genere uscite negli ultimi anni.

Sebbene sia stato proposto sulla Croisette, lo si può considerare un prodotto di poche pretese, con fini più commerciali che artistici.

Nel cast, Orlando Bloom, tornato sul grande schermo a due anni di distanza da «I tre moschettieri» di Paul W.S.Anderson, è pienamente in parte e riesce a tenere testa a un notevole Forest Whitaker, intenso come non lo vedevamo da parecchio tempo.

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