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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2013 alle ore 09:56.

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Un gigantesco muro di cemento con, al centro, un portone. Porte divelte, disposte come scale, s'allungano sulla sabbia bianca del palcoscenico del teatro greco. Da una buca emergerà "l'Ombra di Giocasta", figura tratta dalle "Fenicie" di Euripide, che funge da prologo sintetizzando le tragiche vicende della famiglia di Edipo. Quindi, all'aprirsi dell'enorme portale centrale, appariranno, via via, tutti i personaggi che animano l'"Antigone".

Delle tragedie greche è quella che torna più assiduamente sulle nostre scene, forte dell'appello della protagonista al potere delle leggi non scritte, che trasforma in una rivendicazione di libertà la sua urgenza di seppellire il cadavere del fratello considerato dal potere un traditore della patria. Nella tragedia di Sofocle, la figlia dell'accecato Edipo contravviene al divieto del re Creonte che promette morte, per legge, a chiunque dia sepoltura al nemico Polinice caduto di fronte alle porte di Tebe combattendo contro la propria città natale. Antigone si lascia quindi arrestare, e affronta il sovrano per difendere la propria scelta: non alle leggi scritte ha obbedito, ma ai precetti degli dei. Antigone ribelle o martire? Da che parte stare quando è in gioco lo scontro tra i diritti degli individui e quelli dello stato? Le intenzioni della regista Cristina Pezzoli, al suo debutto nella vasta cavea di Siracusa, erano quelle di fondere le ragioni di entrambi i protagonisti, portatori ciascuno di una propria verità difesa cocciutamente.

Al pubblico interrogarsi e schierarsi. Pezzoli, che adotta una traduzione dal linguaggio "basso" e dai toni colloquiali, sembra propendere dalla parte di Creonte. È lui a tenere la scena, a imporre le sua presenza, il suo ragionamento, grazie soprattutto alla potente interpretazione di Maurizio Donadoni. Egli dosa fughe di toni, con lampi d'intenzione trattenuti, capaci di disvelare i tormentati percorsi interiori del sovrano: dalla sicurezza all'incertezza, fino al baratro del dolore, apertosi dopo che arriva a pentirsi unendosi in ritardo alla schiera dei suicidi per sua colpa (del figlio Emone e della moglie Euridice), decretando la catastrofe di una famiglia regale.

Antigone, invece, nell'interpretazione acerba e dai gesti trattenuti di Ilenia Maccarrone, risulta alquanto debole (e dire che dovrebbe essere la protagonista assoluta!). La giovane attrice non ha quel giusto pathos e quella determinazione che si converrebbe ad una che, con la sua sfida, irrompe nel mondo del potere maschile, e sceglie la morte come ulteriore sfida ai vivi. La regia di Pezzoli scorre abbastanza piatta rivelando anche momenti di vuoto ai quali non suppliscono neanche le musiche percussive e al pianoforte di Stefano Bollani. Smarrimento che si avverte pure nella gestione del Coro impegnato anche a cantare in sincrono, e che, negli incerti movimenti, sembra confuso.

In questa messinscena asciutta, che evita la spettacolarità, non si capisce - e confonde ulteriormente - il tono irrisorio, decisamente comico e a tratti macchiettistico, della Guardia di Gianluca Gobbi che strappa inappropriate risate nel pubblico. A risollevare le sorti, verso il finale, l'apparizione fantasmatica, nei panni del vecchio e cieco Tiresia, di Isa Danieli, che disegna con autorità un drammatico veggente – anche se non proprio enigmatico - che ammonisce invano il prepotente sovrano.

"Antigone", di Sofocle, traduzione Anna Beltrametti, regia Cristina Pezzoli, scene Maurizio Balò, costumi Nanà Cecchi, musiche Stefano Bollani. Interpreti: Ilenia Maccarrone,Valentina Cenni, Maurizio Donadoni, Natalia Magni, Francesco Biscione, Enzo Curcurù, Oreste Valente, GianlucaGobbi, Matteo Cremon, Isa Danieli, Paolo Li Volsi, Polic Greco. XLIX ciclo di rappresentazioni classiche dell'INDA al teatro greco di Siracusa, fino al 23/6, in alternanza con "Edipo re", regia Daniele Salvo.

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