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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2013 alle ore 12:16.

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Giovanni XXIII durante la vita – e specialmente subito dopo la sua morte, avvenuta il 3 giugno 1963 – è stato chiamato il Papa buono. Come scrive Greg Tobin, «il volto grassoccio di contadino, gli occhi scuri, la mascella larga, il naso aquilino e le orecchie con i lobi grandi erano noti in tutto il mondo». Il suo sorriso benedicente trovava posto in tante case degli italiani, che vivevano gli anni del "miracolo economico" vedendo in lui, come nel volto giovanile di John F. Kennedy e nella testa rotonda di Nikita Kruscev, i simboli della coesistenza pacifica Est-Ovest e la speranza di un futuro migliore. «Per i suoi insegnamenti sulla pace e il suo sforzo di aprire la sua antica Chiesa al mondo moderno – di lasciare entrare aria e luce e far risplendere il messaggio profondo del Vangelo – era una figura unica, circondata da un alone di umiltà, umorismo e santità» aggiunge Tobin, che definisce Giovanni XXIII «un rivoluzionario dolce».

Angelo Roncalli, eletto Sommo Pontefice il 28 ottobre 1958 a quasi 77 anni, era cresciuto e aveva lavorato in una Chiesa cattolica che a molti sembrava stanca e sulla difensiva nei confronti dei suoi presunti nemici. Come poté questo devoto prete contadino affrontare il mondo contemporaneo proteiforme e veloce in modo così efficace? E come riuscì a infondere nella Chiesa una fiducia nuova nella sua missione e spalancare le porte al cambiamento? L'edizione italiana del libro "Il Papa buono – La nascita di un santo e la rifondazione della Chiesa" (Il Saggiatore) esce giusto a cinquant'anni dalla morte. Greg Tobin, scrittore e vaticanista statunitense, racconta la vita di Giovanni XXIII con una prosa scorrevole e da un'inconsueta prospettiva internazionale: dall'infanzia in provincia di Bergamo alle missioni diplomatiche in Europa, come delegato papale e poi nunzio apostolico a Parigi, fino alla sorprendente ascesa al soglio di San Pietro.

Dopo Pio XII tutti si aspettavano un "papato di transizione" (lo annota lui stesso nel diario), invece i suoi pochi anni di pontificato saranno straordinariamente importanti. La convocazione del concilio ecumenico Vaticano II, annunciata quando Giovanni XXIII era papa solo da tre mesi, è stato probabilmente l'evento principale del XX secolo per la Chiesa cattolica. Il Vaticano I era stato infatti sospeso nel 1870 con la fine dello Stato Pontificio e il precedente concilio, quello di Trento, risaliva a quattro secoli prima. «Un'altra cosa turbava i cardinali della Curia romana – sottolinea Tobin – in passato i grandi concili della Chiesa erano stati indetti per condannare l'apostasia, mentre Giovanni XXIII proponeva un concilio pastorale, in cui non sarebbe stata cancellata nessuna eresia, né riaffermato alcun dogma».

Nel mese di luglio del 1962 la Santa Sede inviò 2.850 inviti ai partecipanti al concilio, che si sarebbe aperto l'11 ottobre nella basilica di San Pietro. Gli invitati comprendevano 85 cardinali e 2.131 vescovi, nonché gli abati e i superiori generali degli ordini religiosi maschili. Erano convocati anche i periti, o esperti di teologia, per aiutare i vescovi; inoltre il Papa ebbe cura di estendere l'invito ai delegati-osservatori di altre religioni. Con l'approssimarsi di ottobre, racconta Tobin, «Roma era tutta un brusio di eccitazione per il gran numero di visitatori: partecipanti al concilio, turisti e, data l'importanza dell'evento, circa 1.200 giornalisti della stampa italiana ed estera. Il concilio sarebbe stato pubblico e tutto il mondo avrebbe potuto assistervi. C'era la sensazione che, a differenza dei concili precedenti – destinati principalmente ai membri del clero – questa volta le decisioni avrebbero influenzato il culto e la vita quotidiana dei cattolici». Il 4 ottobre 1962, una settimana prima dell'apertura dei lavori conciliari, Giovanni XXIII si recò a visitare la tomba di san Francesco d'Assisi e poi al santuario della Madonna di Loreto. Erano solo trecento chilometri, ma era la prima volta che un pontefice viaggiava in treno da un secolo. Cinquantamila persone si riunirono a Loreto, dove il Papa pregò la Beata Vergine per il buon esito del concilio.

Solo pochi sapevano che Roncalli era gravemente malato. Due settimane prima si era sottoposto a una serie di analisi, da cui era risultato che la causa dei dolori intestinali di cui soffriva era un cancro allo stomaco, probabilmente dello stesso tipo che aveva colpito altri suoi congiunti. Non c'era cura e l'«inattesa e sconcertante notizia della malattia che minacciava la vita del Papa» colse tutti di sorpresa, come scrisse il suo segretario monsignor Loris Capovilla. Fu deciso di tenerla segreta per non influenzare l'esito del concilio, ma era chiaro che il Papa, che stava per compiere ottantun anni, non sarebbe vissuto a lungo.

L'11 ottobre Giovanni XXIII pronunciò in latino un esemplare discorso di trentasette minuti ai padri conciliari, ma in realtà rivolto al mondo intero: «A noi sembra di dover dissentire – citiamo le sue parole - da codesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi sovrastanti la fine del mondo». Era abbastanza straordinario, chiosa Tobin, «che un papa parlasse un po' come un presidente americano, che rimproverava il suo Gabinetto in un discorso sullo Stato dell'Unione». Quella sera mezzo milione di persone si radunarono in piazza San Pietro e in via della Conciliazione con una grande fiaccolata. Giovanni XXIII si affacciò alla finestra del suo studio, improvvisando con quelle parole che diventeranno famose: «Persino la Luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite che questa è la carezza del Papa».

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