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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2013 alle ore 12:16.

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Durante il concilio fu istituita la sala stampa vaticana, che diverrà poi una struttura permanente della Santa Sede con una propria autonomia organizzativa. Ma i giornalisti esteri, a differenza dei colleghi italiani, che conoscevano bene l'ambiente vaticano, non riuscivano a capire esattamente che cosa stesse succedendo, specie basandosi sui comunicati piuttosto vaghi diffusi dalla Curia e «tradotti spesso in un inglese orrendo», come si lamentò con britannico humour un giornalista arrivato da Londra. Il Papa volle però incontrare alcuni degli inviati stranieri, molti dei quali avrebbero lasciato Roma dopo la fine della prima sessione del concilio.

Nel dicembre 1962 Giovanni XXIII, nonostante l'avanzare della malattia, era deciso a scrivere l'enciclica "Pacem in terris" che gli era stata ispirata dalla crisi dei missili a Cuba e che - a parte i frutti del Vaticano II - resterà il suo maggior lascito al mondo. Intanto il settimanale americano "Time" lo aveva eletto "Uomo dell'anno" dedicandogli la copertina. Il 31 marzo seguente il Papa firmò davanti alle telecamere le prime copie dell'enciclica, da pubblicare il Giovedì santo, 11 aprile. Quel giorno, pur essendo molto sofferente, parlò al corpo diplomatico, dicendosi lieto che l'enciclica venisse pubblicata nel ricordo di quando Cristo pronunciò le parole: «Amatevi gli uni gli altri». Sentendosi vicino alla fine, il 31 maggio 1963, ricevette i suoi cardinali romani dicendo loro che «stava per partire», come se fosse per un viaggio. Avendo adempiuto il suo compito di "pastor et nauta", pastore e marinaio, e avviato la barca di Pietro nel mare del mondo, ora poteva avviarsi anche lui nel mare dell'eternità.

Greg Tobin, "Il Papa buono - La nascita di un santo e la trasformazione della Chiesa", Il Saggiatore, Milano, pagg. 222, € 19,50

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