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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2013 alle ore 16:54.

Ma la nuova leadership cinese guidata dal presidente Xi Jinping, ospite lo scorso weekend di Barack Obama per un "bilaterale" in California, prima dei vertici annuali del G-8 (che non comprende la Cina) e del G-20, vuole far sentire il suo ritrovato prestigio nel mondo. Il settimanale "Time", con una "cover story" illustrata in copertina dal designer e attivista cinese dei diritti umani Ai Weiwei, si è chiesto come oggi la Cina vede il mondo. Ecco la risposta, in sintesi: in passato una grande civiltà fu messa in ginocchio dalle cannoniere delle potenze occidentali, dall'oppio britannico e dall'oppressione bellica giapponese, adesso Pechino rivendica il suo posto nel mondo, non soltanto sul piano economico, ma anche in campo politico e culturale.
Il mondo ha una classe media?
«Gli alti ritmi di crescita di Cina e India, le dimensioni della loro popolazione e l'alto numero di persone il cui reddito le colloca nella classe media dei rispettivi paesi, a prima vista portano a pensare che qualcosa di simile a una classe media globale già esista. In realtà – fa notare Milanovic - nella migliore delle ipotesi, questa classe media sta nascendo solo ora».
Nei paesi sviluppati rientra nella classe media circa il 40% della popolazione. Ma a livello globale questa valutazione è chiaramente inappropriata. Caso mai potremmo parlare di una "classe mediana" e ricordare che comprende individui il cui reddito pro capite va da 2,5 a 4 dollari al giorno (a parità del potere d'acquisto). In altre parole la "classe mediana" globale è una classe molto povera per gli standard degli Usa o dell'Europa occidentale. In cifre assolute, questa classe mediana globale è formata da circa 850 milioni di persone. Ma il reddito medio è un decimo - se parliamo di Cina - o un diciassettesimo – se parliamo di India di quello Usa.
Negli ultimi vent'anni nel mondo 1 miliardo di persone (più della metà in Cina) sono uscite dall'estrema povertà, come ha spiegato "The Economist" nel servizio di copertina dell'altra settimana "Towards the end of poverty". Ma sui 7 miliardi di abitanti del pianeta Terra, 1 miliardo e 100 milioni vivono ancora al di sotto della linea internazionalmente accettata di 1,25 dollari al giorno. Nei paesi sviluppati nessuno può pensare di vivere con questa misera cifra. Negli Stati Uniti la "linea della povertà" è tracciata a 63 dollari al giorno per una famiglia di 4 persone, mentre nelle economie emergenti del Terzo mondo l'asticella viene posta a 4 dollari.
Molti osservatori sono impressionati dalla disponibilità di beni di consumo durevoli quali televisori e telefoni cellulari nei paesi poveri. «Ma se uno vive in una baracca, con un reddito incerto e appena al di sopra della sussistenza, non è in grado di mandare i figli a scuola – chiosa Milanovic - non ha proprio senso considerarlo parte di una immaginaria "classe media globale" solo perché può comporre un numero su un cellulare».
Branko Milanovic
"Chi ha e chi non ha – Storie di disuguaglianze"
Il Mulino, Bologna, pagg. 255, € 16,00
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