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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2013 alle ore 08:41.

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Chi vedrà la mostra romana di Abramowicz potrà mettere a confronto una coerenza che tende all'Uno – quella del suo professore-maestro – con quella di lei che punta al molteplice. Ma è ancora lei a raccontare quanto sia stata sottile la purezza ottica di Morandi, che possedeva tre diversi tavoli per gli oggetti delle sue nature morte: uno sotto il livello dell'occhio, il secondo alla medesima altezza, il terzo al di sopra. Non per niente uno dei suoi migliori amici fu l'astronomo Guido Horn d'Arturo, proveniente da una famiglia ebrea di origine olandese e laureato a Vienna. Horn diresse a lungo (ma non nel periodo delle leggi razziali) l'osservatorio astronomico di Bologna. Morandi e Abramowicz andavano insieme a trovarlo. Si parlava delle lettere di Galileo a Cosimo II de' Medici e dell'universo che è scritto in «lingua matematica». L'altra passione in comune era Leopardi: «Tra le Operette morali Morandi amava soprattutto il Copernico». Le due battute iniziali di quella grande prova di teatro, universale e da camera, saranno l'omaggio meglio intonato al rapporto tra maestro e allieva, e forse anche allo sguardo di Morandi sulle forme del mondo. Leopardi fa parlare l'Ora prima, che si rivolge al Sole: «Buon giorno, Eccellenza». «Sì: anzi buona notte», risponde il Sole.
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per saperne di più
Janet Abramowicz, Giorgio Morandi: The Art of Silence, Yale University Press, New Haven and London 2004, pp. xvii-267
Janet Abramowicz. Motion and Vision, a cura di Fabio Fiorani
e Gabriella Pace, Istituto Nazionale per la Grafica, Palazzo Poli, Roma, fino al 30 giugno (ma-do, 10-19);
in luglio lu-ve, mattina, solo per appuntamento: tel. 06 69980289/84

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