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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2013 alle ore 21:37.

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Judy Garland, Marinetti e rock: Maurizio Cattelan si dà alla musica «ma non suona una nota»

Cosa hanno il comune la reginetta del musical Judy Garland, il padre dell'avanguardia futurista Filippo Tommaso Marinetti, il pigmalione dei Sex Pistols Malcolm McLaren e il tenebroso rocker degli albori Gene Vincent? Nulla, risponderebbe qualsiasi persona di buon senso. Ma si sa che il buon senso fa a cazzotti con l'arte contemporanea e ancora di più con il controverso artista padovano Maurizio Cattelan, colui che impiccò bambini all'albero di Porta Ticinese, scagliò un meteorite contro Wojtyla e mise in ginocchio Hitler (sempre, sia chiaro, in forma di manichini).

Adesso si è dato alla musica: ecco a voi «Always remember a face, especially when I've sat on it» (alla lettera: «Ricordo sempre una faccia, specialmente quando mi ci sono seduto sopra»), prima produzione discografica dell'infaticabile post-duchampiano veneto. Per la precisione si tratta di un picture disc, un 33 giri «illustrato» come quelli che le rock band una volta usavano per celebrare ricorrenze e blandire fan club, piazzato sul mercato internazionale dal circuito The Vinyl Factory in soli mille esemplari. Il titolo porta con la mente alla pratica del face-sitting, perversione sessuale che consiste nel provare piacere nel sedersi/farsi sedere sulla faccia dal/del proprio partner.

L'illustrazione è invece riconducibile all'immaginario del David Bowie fase glam dei primi anni Settanta: c'è un/una modello/a dalla chioma bionda e dallo sbilenco sguardo ceruleo con intorno un corollario di chissà quali pasticche colorate.

Beninteso: Cattelan non suona una nota, né affida a una band di fiducia il proprio verbo musicale come ai bei tempi fecero Andy Warhol con i Velvet Underground e Mario Schifano con le sue Stelle. «Always remember a face» è un'improbabile compilation di materiali sonori distanti anni luce tra loro. Si parte con un estratto dell'audiolibro in cui Aldous Huxley raccontava «Il mondo nuovo» su musiche di Bernard Herrmann, si prosegue con i vocalizzi dei Cheers, band americana anni Cinquanta immortalata in «Black denim trousers and motorcycle boots», con la cosiddetta «musica concreta» dello sperimentalista francese Pierre Schaeffer che conferì dignità d'arte a una sferragliante locomotiva e ancora con la voce di Judy Garland alle prese con «Trolley Song», dal musical «Meet me in St. Louis» del 1944.

Completano la prima facciata dell'album «Stop this crazy thing», concessione discotecara al repertorio anni Ottanta dei Coldcut, «Miss Belle», omaggio all'ideologo del punk britannico Malcolm McLaren, e «Jezebel», perversa hit di Gene Vincent, noto ai più per il tormentone «Be Bop a Lula». Il lato b si apre con il duo Les Paul & Mary Ford impegnato nel raffinatissimo «Bye bye Blues», devia verso gli anni Trenta con il ragtime nonsense «I like bananas» degli Hoosier Hot Shots e ci indugia ancora un po' con la «Lullaby of Broadway» dei Dorsey Brothers.

Che sorpresa quando, all'improvviso, sbucano Filippo Tommasi Marinetti e Aldo Giuntini con le loro «Sintesi musicali futuriste». Torna McLaren e ci fa girare la testa in «Ride a fashion hors pt. 2». Una concessione al maestro della indietronica giapponese Keigo Oyamada, al secolo Cornelius, autore del progetto «Fantasma», quindi si chiude con quella meraviglia jazz che è lo standard «Dream a little dream of me», nella versione datata 1931 di Ozzie Nelson and his Orchestra.

Il disco in edizione limitata può essere ordinato via web, alla modica cifra di 25 sterline. Qualcuno potrebbe dire che l'opera manca di strutture coesive, ma sarebbe come chiedersi che senso abbia un cavallo sospeso in aria che tira una testata contro una parete bianca. Esercizio sterile: per la feconda mente di Cattelan un senso ce l'ha.

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