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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:11.
«Questo è il Paese dove ottant'anni fa è nato l'Islam politico e questo è il Paese dove finisce». L'affermazione è azzardata, meriterebbe qualche riflessione. E tempo, prima di capire cosa sia stata l'ultima sollevazione egiziana: se una rivoluzione popolare, un golpe militare, una restaurazione occulta di quel vecchio regime dipinto magistralmente in Palazzo Yacoubian. Ma Ala al-Aswani uomo, scrittore e dentista così composto, è sicuro di quello che dice: «dopo Mubarak, in piazza Tahrir finiscono anche i Fratelli musulmani e riprende la democrazia».
Per lui gli islamisti sono «i fascisti. Una definizione che capisco di dover elaborare. Intendo il fascio romano che racchiude tutte le chiavi del potere. È quello che hanno tentato di fare i Fratelli musulmani nel loro anno di governo: detenere tutto, anche il monopolio della verità. Loro sapevano, noi eravamo ignoranti».
Eppure Palazzo Yacoubian, finalmente pubblicato nel 2002 e presto diventato il romanzo più venduto del mondo arabo, era una specie di Dottor Zivago mediorientale. Sotto la dittatura di Hosni Mubarak e dei militari che erano e restano la religione laica dell'Egitto, per anni Yacoubian era stato rifiutato dagli editori. Automobil Club, l'ultimo romanzo di Ala, è invece uscito trionfalmente qualche mese fa mentre governavano gli Ikhwan, i fratelli. Ha avuto recensioni entusiastiche sui giornali che gli islamisti non controllavano: cioè quasi tutti perché l'editoria non è stata schiacciata dagli islamisti come da Mubarak. Come già Palazzo Yacoubian, Feltrinelli sta traducendo Automobil Club e lo dovrebbe pubblicare entro Natale.
«Mi incuriosiva sapere come erano arrivate le prime auto in Egitto, nel 1890. E come si erano diffuse fino alla necessità di fondare un club dell'automobile», spiega Ala al-Aswani nella sala d'aspetto del suo studio da dentista, nel quartiere di Garden City. «Di là la mia assistente sta lavorando sulla carie di un paziente».
Materialmente il romanzo si svolge dentro e attorno all'edificio di Talaat Harb, la via e la zona commerciale del Cairo. L'Automobile Club c'è ancora ma non ha la stessa eleganza che aveva negli anni Quaranta, l'epoca in cui la storia è ambientata. È scrostato come il quartiere e la città. Come il palazzo Yacoubian, che esiste davvero. Allora era il circolo più esclusivo della città, regolarmente frequentato da re Faruk, dai colonialisti europei che lo guidavano. Oggi è abitato da burocrati e impiegati.
La storia si svolge in quegli anni ma parla di oggi. Perché allora come adesso in Egitto sono sempre uguali i rapporti fra ricchi e poveri, governo e governati, egiziani e occidentali che allora governavano il Paese da colonialisti e oggi da alleati interessati. Ma non parlo male di voi: fra i personaggi ci sono tanti europei buoni. Ci sono i servi nubiani dalla pelle nera e i maggiordomi turchi. Il romanzo si pone domande rilevanti per la realtà di oggi, anche se è ambientato negli anni Quaranta. Perché niente è cambiato, nemmeno la dignità e l'umanità degli egiziani. Sì, se devo dare una definizione, questo è un romanzo dedicato alla dignità. C'era allora per resistere ai soprusi, e c'è oggi.
Durante la prima piazza Tahrir, gennaio-febbraio 2011, Aswani aveva dato una descrizione efficace degli egiziani. Erano come i cammelli: sopportano in silenzio ogni fatica. Ma quell'unica volta in cui si arrabbiano, diventano pericolosi. Ora non sono diversi, "ma hanno compiuto una grande impresa: in un solo anno, quello del governo della fratellanza, hanno scoperto la differenza fra Islam e politica, fondamentare per creare una democrazia. Temevo occorresse più tempo".
Nel romanzo un ruolo centrale lo occupa re Faruk che nel 1952 sarebbe stato defenestrato dagli Ufficiali liberi di Mohamed Naguib, Gamal Nasser e Anwar Sadat. Come Mohamed Morsi, il presidente della fratellanza, è stato esautorato dai militari di oggi. «No, questo non è un colpo di stato ma una rivoluzione», chiarisce al-Aswani. «Allora pochi militari trascinarono un popolo intero, adesso è stato il popolo a spingere i militari dalla sua parte. Anche i generali sono cambiati: si sentono i responsabili del rinnovamento del Paese. Proteggono la sua rivoluzione, non la sua conservazione».
In ogni caso, Faruk «è un personaggio decisivo ma non il più importante», dice lo scrittore, tornando a parlare del suo ultimo romanzo. Ala al-Aswani confonde e sovrappone il passato e gli ultimi eventi politici ai quali ha partecipato in piazza Tahrir. Difficile dire se lo faccia senza accorgersene o volontariamente. Dovendo scommetterci, meglio giocare sull'intenzionalità. «Faruk – continua – era un terribile dittatore ma garantiva sicurezza. Anche con Mubarak eravamo sicuri alle frontiere e dentro il Paese, ma non eravamo liberi. Credo che alla fine la libertà sia più importante, per quanto sia drammatico perdere la nostra sicurezza: allora e oggi».
La questione che Ala al-Aswani non ha ancora affrontato è se questa sia davvero libertà. Se dietro i giovani Tamarrud, i ribelli che hanno iniziato la rivolta, e le opposizioni laiche e di sinistra che l'hanno condivisa, non ci fosse un grande disegno dei militari per riprendere il controllo dell'Egitto. Una buona parte dei milioni scesi di nuovo in strada erano feloul. In arabo significa "resti": i resti del vecchio regime, felici di affiancare i giovani senza i quali non si sarebbero liberati del potere dei Fratelli musulmani. Gli stessi giovani che solo due anni fa avevano cacciato loro, i feloul.