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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2013 alle ore 08:37.

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Non è improprio sostenere (anche se ancora va mostrato) come buona parte del l'umanesimo sia stato nient'altro che il prodotto della riflessione sulle implicazioni del trattamento cartografico dell'informazione, le cui regole ricompaiono a Firenze all'inizio del Quattrocento con il ritorno in Occidente (da Bisanzio) dell'opera di Tolomeo, di cui s'era persa memoria dopo il crollo dell'impero romano. Allo stesso modo pare difficile pensare ai giorni nostri in termini di "umanesimo digitale", come ad esempio fa Ulrich Beck, senza passare attraverso il tentativo di comprensione dello statuto e della funzione ontologica della numerosa famiglia di immagini (mappe soltanto in apparenza) che popolano la Rete. Al riguardo il sapere geografico ha ancora molto da insegnarci, proprio perché il più arcaico di tutti: nella sua strutturale bipolarità di globo e mappa, luogo e spazio, esso resta la forma più antica del sapere occidentale, la matrice di tutti i modelli con i quali abbiamo fin qui tentato di addomesticare il Vecchio Mondo. E come tale anche dei nuovi di cui abbiamo urgentemente bisogno per la comprensione del Nuovo.
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