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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2013 alle ore 06:58.

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Una volta una grande scrittrice irlandese di nome Elizabeth Bowen scrisse a proposito di James Joyce: «Se nella sua opera più tarda sembra esserci meno pietà, questo proviene dal rifiuto naturale nell'uomo di soffrir troppo, di soffrire fino al limite della propria capacità». Spero che nessuno se ne abbia a male se mi approprio di queste frasi e le attribuisco a te, caro il mio Greg House. Molto spesso la ferocia dei cinici è la scure con cui si difende chi teme sempre di essere ferito. Tu sei un un tipo così. Il tuo cuor d'oro esce ogni tanto. Ma, come certi filantropi che preferiscono nascondersi dietro alle fattezze di gelidi businessman, tu non desideri che le tue opere di bene divengano di dominio pubblico. Tu non credi nelle buone azioni. Per te sono il casuale incontro tra interessi convergenti.

Scusami, ho parlato troppo. Conoscendoti so che non arriverai in fondo a questa lettera così petulante. Era solo per dirti che qualche settimana fa ho acquistato un cofanetto con le otto stagioni di Dr. House. Ogni tanto mi vien voglia di guardare qualche puntata con lo spirito nostalgico di chi sfoglia vecchi album di famiglia.

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