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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2013 alle ore 08:40.

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Oltre è il titolo degli otto grandi quadri di Emilio Vedova che intervallano con furenti vortici di colore lo spazio della sala terrena alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia, in occasione del raffinato omaggio che gli rende la mostra Vedova Tintoretto, aperta fino al 3 novembre. Sono grandi cerchi iscritti nel quadrato della tela con cui Vedova (Venezia 1919-2006) intitola la sua pulsione verso ciò che non finisce qui, né ora.
Gli Oltre sono un ciclo del 1985, e cadono in un momento di maturazione a cui giunge con una determinata cavalcata contro il caos che affronta, cercando di opporvisi con il suo violento gesto pittorico. Lo dichiara lui stesso nel 1954: «Tutto va rimesso in causa, oltre ogni apriorismo, oltre ogni presunzione di affrettati e superficiali nuovi ordini».
Quel maestro visionario che ha anticipato e scavalcato l'informale intende la propria arte come un «urto di verità, un catartico rovescio per un aprirsi di nuova coscienza». Tuttavia, non procede con fare da iconoclasta, ma pescando a piene mani nel passato. Si confronta con un altro visionario della sua città, Jacopo Tintoretto (1519-1594), dichiarandolo in molti appunti di studio del 1981 e 1991, e anche diversi anni prima, quando a cavallo tra il quarto e il quinto decennio del secolo, e poi ancora alla metà dei Cinquanta, studia e omaggia a un tempo il maestro antico con schizzi, disegni, tele. Nell'imponente vano superiore della Scuola Grande di San Rocco, dove il pittore tardo-manierista è all'opera dal 1564, la mostra curata da Germano Celant con Stefano Cecchetto propone il raffronto diretto tra i teleri cinquecenteschi e alcune tele o fogli di Vedova. Ha "interpretato" l'antico e lo ha "studiato", come esplicitano gli stessi titoli dei suoi lavori a tempera o inchiostro su carta o a olio su tela. Quelli esposti sono una quindicina, illustrati nel catalogo edito da Marsilio insieme ad altri dell'archivio della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova che palesano l'importanza e la reiterazione del dialogo con Tintoretto, capitolo centrale della ricerca artistica di Vedova.
È riduttivo pensare che Vedova abbia guardato a Tintoretto per la comune vocazione all'uso estremo del colore sotto l'impulso del gesto. Aspetto, questo, non secondario ma neppure esaustivo di quella liaison. «Tintoretto aveva i contenuti», appunta Vedova in un quaderno nel 1959. Non possiamo scindere quella pennellata violenta e decisa dal suo impegno etico, sociale, politico di ex partigiano. Come Tintoretto, entra nelle viscere della pittura, ma il suo astrattismo è paradossalmente carico di contenuti.
Difficile a dirsi, e forse anche a vedersi. Ma questa constatazione si palesa per ciò che i lavori di Vedova fanno sentire: passione e rabbia, fuse insieme dal colore.

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