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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2013 alle ore 13:30.

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Doppio imbroglio Stamina

Evidentemente un principio così elementare, come quello che il confronto tra ideologie e interessi deve star fuori dall'accertamento delle verità di fatto in materia di scienza e tecnologie, perché porta facilmente a manipolazioni strumentali, non fa ancora parte della cultura politica di questo paese. Ma i tecnici queste cose dovrebbero saperle. E il guaio, nel caso Stamina, è stato fatto dal ministro tecnico Balduzzi. Perché non abbiamo mai capito come abbia potuto emettere un decreto che autorizzava una pratica illegale per giunta bloccata dall'Aifa, oltre che priva di alcuna consistenza medico-scientifica. E come abbia potuto il Senato peggiorare quel decreto approvando modifiche che avrebbero prodotto disastri epocali per lo Stato e i malati, se la Camera dei deputati non avesse preso tempo per capire meglio e licenziare un testo di legge un po' più basato sui fatti.

Per rispondere a questi interrogativi, bisogna entrare nel merito. Da alcuni anni lo staminologo italiano Paolo Bianco lancia l'allarme in merito al rischio che la cosiddetta medicina rigenerativa, e in generale le terapie che somministrano con intenti terapeutici cellule e preparati cellulari, stia favorendo l'emergere di una pressione politica ed economica per accelerare il trasferimento alla clinica di esperienze di laboratorio. Per quest'approccio è stato anche inventato un nome: si chiama "medicina traslazionale" e cerca di far fronte a, e sfruttare, spesso prescindendo da ogni razionale scientifico e da ogni prova di efficacia, la domanda di trattamenti per malattie rare e gravi.

Ebbene ci sono prove che è in atto un'operazione scientificamente calcolata per indurre le agenzie regolatorie internazionali, quindi per spingere i parlamenti e i governi che decidono la politica di queste agenzie, ad abbassare i criteri richiesti per l'approvazione dei trattamenti terapeutici avanzati, in modo particolare l'uso di cellule staminali. Quali sarebbero gli argomenti per chiedere meno controlli? Si dice che dovrebbe bastare la prova dell'innocuità dei trattamenti per dare l'autorizzazione. Una volta provato che questi trattamenti non sono dannosi, per quanto riguarda l'efficacia si dovrebbe lasciare a una valutazione che viene dall'uso che se ne farà. A chi obietta sull'eticità di proporre trattamenti di non provata efficacia, si risponde che in fondo spetta al paziente in autonomia decidere se vuole sottoporvisi.

L'argomento si potrebbe anche prendere in considerazione se tutto questo fosse fatto con investimenti privati e una rigida sorveglianza da parte di agenzie indipendenti. In realtà, lo si vuol fare, come sta accadendo per Stamina, a spese del sistema sanitario nazionale e riducendo indiscriminatamente i controlli relativi all'efficacia e alle conseguenze avverse. Il caso Stamina dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, dato quel che è sempre successo in passato, quali rischi si corrono a eliminare regole che sono state introdotte proprio per prevenire questo genere di abusi. Regole che possono anche essere riviste – qualora e se le promesse di efficacia delle strategie a base di staminali si faranno più solide – ma non per favorire gli interessi di uomini d'affari anche se questi sono stati o sono medici o scienziati. Bensì per tutelare meglio i pazienti e allo stesso tempo favorire davvero una maggiore produttività nell'ambito dell'innovazione terapeutica per malattie che oggi non lasciano speranza, ma sulle quale scienziati e medici sono in campo ogni giorno.

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