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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2013 alle ore 18:45.

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Il regista polacco Andrzej Wajda. (Afp)Il regista polacco Andrzej Wajda. (Afp)

Lavorando su questo progetto ha scoperto novità sul personaggio?
Direi di no, mi sono servito del materiale storico che conoscevo prima, in base a cui sono stati girati diversi documentari. Il modo di comportarsi di Lech Walesa nelle situazioni pubbliche lo conoscevo già. Il grande elemento di sorpresa è stato invece il libro intervista di Oriana Fallaci. Per diverso tempo c'è stata una traduzione diffusa solo dalla stampa clandestina, mentre la pubblicazione ufficiale è uscita nelle librerie solo adesso. Mi hanno sorpreso non tanto le parole della Fallaci, quanto saperli insieme. Perché Lech è un uomo che vuole fare buona impressione, apparendo intelligente su una bella donna. L'ho visto con i miei occhi. È una cosa molto polacca. Ho capito così il lato umano di Walesa, non solo quello dell'uomo d'azione. E di questo non c'era traccia nel materiale che avevamo raccolto in passato.

L'influenza della Chiesa sull'abbattimento del regime non appare però così fondamentale…
Da quando Wojtyla è diventato papa la Polonia ha cambiato completamente la sua immagine, che non era solo quella dei nostri delegati a Mosca. Le autorità comuniste hanno cominciato a temere i raduni religiosi, durante la visita del papa nel ‘78. I fedeli sono usciti da soli per andare a messa, senza il controllo delle autorità e per la prima volta i polacchi si sono resi conto che potevano governare loro stessi senza bisogno della guida di un'autorità o del regime. È stato scioccante. Poi è entrata in vigore la legge marziale ed tutto è diventato difficile. Lech Walesa era imprigionato, mentre Wojtyla era un uomo libero, ed è allora che il papa ha svolto un ruolo decisivo.

Ma Walesa firma l'accordo con una penna con l'immagine del papa…
Questa circostanza è casuale. Davanti al cantiere c'era un mercatino con vari gadget tra cui questa penna, che Lech ha usato senza premeditazioni.

Lei ha capito da subito la forza di questo leader? Ha appoggiato da subito il movimento?
Nei primi giorni dello sciopero sono andato al cantiere e ho incontrato Walesa, perché ero il presidente dell'associazione cinema polacco. Siamo riusciti a entrare con le telecamere durante gli incontri informali. A un certo punto mentre andavo nella sala delle riunioni, uno degli operai, ormai mi conoscevano bene, mi disse: «Perché non fa un film su di noi?». Così "L'uomo di ferro" nasce dalla richiesta di un operaio. È stato visto da cinque milioni di persone. Fu un grande successo, premiato con la Palma d'oro a Cannes: sono esperienze che mi hanno molto legato al movimento.

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