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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2013 alle ore 08:48.
Rimane aperta una questione di indole generale. Che differenza intercorre tra l'approccio narratologico e quello classico storico-critico finora e ancora dominante nell'esegesi biblica? In sintesi potremmo distinguerli così: la critica storica s'interessa al contenuto e alla forma espressiva del testo biblico; l'analisi narrativa all'effetto che esercita il testo sul lettore, un effetto voluto e guidato dall'autore. Ascoltiamo ancora i nostri due esegeti che rimandano a un esempio. «Davanti al racconto evangelico della passione di Gesù ci possiamo domandare: che cosa ci riferisce l'evangelista di quegli avvenimenti? Che cosa è storicamente attestato? Di quali fonti documentarie disponeva l'evangelista e come le ha interpretate? Questa è l'indagine storico-critica... L'analisi narrativa, invece, fornisce alcuni strumenti per rispondere a quest'altra domanda: quale effetto desidera ottenere il narratore componendo il racconto in tal modo, con questo ventaglio di personaggi, questa distribuzione dei luoghi, questa gestione del tempo, questo svolgimento della trama?».
Per analogia, si ha qui una distinzione simile a quella che intercorre tra scienza e teologia: la prima si interessa del che cosa e del come; la seconda del perché e dell'effetto e del senso finale. A margine segnaliamo una curiosità. Oltre ai vari manuali di analisi narrativa biblica, si è costituita una rete francofona informativa, il Réseau de Recherche en Narratologie et Bible (Rrenab) che ha il suo sito internet http://www2.unil.ch/rrenab/.
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Daniel Marguerat e André Wénin, Sapori del racconto biblico, Dehoniane, Bologna, pagg. 268, € 26,00
Sull'analisi narrativa biblica si vedano anche: D. Marguerat e Y. Bourquin,
Per leggere i racconti biblici, Borla, Roma 2011 (II ed.) e J.-L. Ska, I nostri padri ci hanno raccontato, Dehoniane, Bologna 2012