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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2013 alle ore 16:11.

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Lo Sforzato, vino simbolo della Valtellina, si racconta

Ho già avuto modo di parlare della Valtellina e dei suoi vini, dei suoi 734 ettari vitati, ottenuti grazie a vigneti terrazzati, strappati al versante retico della montagna, terrazzamenti sostenuti da muretti a secco che si sviluppano linearmente per oltre 2.500 km, creando un effetto paesaggistico così incredibile da consentirne la candidatura alla lista dei patrimoni tutelati dall'Unesco.

Viticoltura di montagna, da taluni definita eroica per gli sforzi che comporta e per i costi da sostenere, ma dagli straordinari risultati.
Ed il vino bandiera, quello che più di tutti porta il nome della Valtellina nel mondo, è lo Sforzato (o Sfursat) di Valtellina, primo passito rosso secco italiano a potersi fregiare della DOCG, fin dal 2003.

Il primo a parlare di Sforzato fu Ortensio Lando (ca 1510 – ca 1558): cito dal bel libro di Casimiro Maule (Valtellina: la vite, il vino e il paesaggio): "bevei di un vino detto il vino delle sgonfiate [uve appassite], credo fermamente ch'egli sia il miglior, che al mondo si beva". Quel vino era talmente potente, "di potentia uguale a Iddio", che s'era veduto più volte "l'infermo abbandonato da medici, et per morto da cari parenti pianto, et solo col vino delle sgonfiate essersi risanato".

La prossima settimana lo Sforzato si racconta e si presenta agli appassionati, grazie alla prima, e spero non ultima, edizione di Sforzato Exhibition, grande rassegna di vino, enogastronomia, cultura, convegni, itinerari, musica e winevideo contest organizzata dal comune di Tirano.

Per questo ho deciso di giocare d'anticipo e di raccontarvi lo Sforzato.
Si ottiene dai migliori grappoli di uve Nebbiolo che, subito dopo la vendemmia, vengono posti ad appassire per circa tre mesi su graticci in locali asciutti e ben ventilati detti "fruttai".

Dopo l'appassimento l'uva ha perduto il 40% del proprio peso, ha concentrato i succhi, ha sviluppato particolari fragranze aromatiche ed è pronta per la pigiatura.
Seguono almeno 20 mesi di invecchiamento ed affinamento in legno e bottiglia.
La produzione annua è attualmente attestata sulle 300.000 bottiglie.
E' cugino dell'Amarone della Valpolicella, simile ad esso per tipologia e lavorazione, diverso per i vitigni utilizzati: in Valtellina Nebbiolo, in Valpolicella Corvina Veronese, Corvinone e Rondinella.

Di seguito presento 2 cantine con i relativi Sforzati, la prima è la Nino Negri, simbolo dell'enologia valtellinese, la seconda è Mamete Prevostini, cantina dell'attuale Presidente del Consorzio Vini Valtellina.

- Casa Vinicola Nino Negri – Chiuro (SO)
Le origini dell'impresa risalgono al 1897, quando Nino Negri, originario di Aprica, iniziò l'attività vitivinicola.
Come sede dell'azienda scelse Castello Quadrio, fatto costruire a Chiuro nella prima metà del '400 da Filippo Visconti per il condottiero valtellinese Stefano Quadrio.
Nel 1927 entrò in azienda il figlio Carluccio, vero artefice dello sviluppo e della crescita qualitativa della ‘Nino Negri'. Nel 1956 viene prodotto il primo Sfursat per come lo intendiamo ora.

Alla fine degli anni '60, poichè le due figlie Erina e Carla Negri non intendevano affiancare il padre nella conduzione dell'azienda, l'impresa veniva ceduta alla società svizzera Winefood.

Nel 1971 viene assunto un giovanissimo enologo trentino: Casimiro Maule. Avrebbe fatto nei quaranta e passa anni successivi la storia non solo della Nino Negri, ma del vino valtellinese !

Nel 1986 la Winefood cede l'azienda al Gruppo Italiano Vini.
La stabilità e le risorse garantite dall'essere all'interno di quella che è forse la maggiore impresa vitivinicola italiana, hanno permesso negli anni alla Nino Negri di puntare sempre più sulla qualità, ottenendo premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Nel 2007 Casimiro Maule ottiene il riconoscimento di Enologo dell'anno.
Attualmente la Nino Negri produce circa 850.000 bottiglie, divise su 23 etichette.
Gli ettari vitati di proprietà sono 31, a cui si aggiungono gli oltre 170 ettari di conferitori che vengono seguiti da tecnici specializzati dell'azienda per garantire un alto livello qualitativo delle uve raccolte.

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