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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2013 alle ore 15:50.
L'ultima modifica è del 08 novembre 2013 alle ore 16:54.

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Checco Zalone nel film "Sole a catinelle" (Ansa)Checco Zalone nel film "Sole a catinelle" (Ansa)

L'economia, la "scienza triste" per eccellenza, è capace di fare ridere. Soprattutto se a parlarne è Checco Zalone, acrobata del buonumore che nel suo terzo film, "Sole a catinelle", cammina in equilibrio sul filo della crisi finanziaria e industriale, bravo a stare nell'attualità e a raccontare, con mano leggera e oscenità sparse con eleganza, di aziende in crisi, di licenziamenti, di Nordest che cerca di ripartire. Un atteggiamento ostinatamente ottimista, premiato da uno straordinario successo al botteghino.

L'incasso-record della prima settimana di programmazione di "Sole a catinelle" è stato di 23,4 milioni di euro. Tra le comparse c'è anche il Sole 24 Ore, che la crisi la racconta e la spiega giorno per giorno. Il quotidiano economico-finanziario entra in scena all'inizio del film quando Checco, cameriere con l'hobby dell'alta finanza, chiede l'andamento del Dow Jones ai manager che leggono indici e quotazioni. Un flash, un cammeo, che lancia la saga dell'Italia disorientata di oggi. Famiglie alle prese col lavoro che evapora, con il "tan" e il "taeg" dei prestiti per andare avanti e per coltivare ambizioni che vanno al di là dei propri mezzi. Imprenditori senza bussola, che hanno dimenticato lo slancio dato all'industria italiana dalla capacità di innovare. Finanzieri intrallazzatori, psicologi alla moda. E poi ancora cinesi rampanti, massoni, ambientalisti, radical-chic cafoni, lontani dalla vita della gente comune.

Un film breve, fatto per ridere e per ripartire velocemente, con una capriola, verso nuove risate. Ma anche un film che aiuta a riassumere e metabolizzare quello che stiamo vivendo in questi anni, e a capire cosa è veramente successo alla nostra economia, e al nostro modo di vivere. La passione di Checco per la finanza evapora, e si trasforma in accusa: «Hanno prestato un sacco di soldi a chi non poteva restituirli» spiega, con un violento scatto di semplice buon senso, il comico pugliese.

La moglie vicentina perde il lavoro nel Nordest non più ricco, i cinesi incombono. Ma Checco ce la fa perché non si lascia ipnotizzare dallo sconforto, abbandona i sogni targati Wall Street e sceglie di ripartire dall'economia reale, di rimettersi in gioco con saggezza e semplicità. Se lo intervistano perché la fabbrica della moglie chiude, non scarica tutto sulla crisi e sugli errori dei politici e dei finanzieri, ma predica ottimismo. Il ritorno alla produzione di qualità, all'innovazione del prodotto, all'eccellenza, insieme alla voglia di rimboccarsi le maniche, di inventare e lavorare, può aiutarci a tenere a bada lo spettro della disoccupazione.
Il film di Checco Zalone è forse la favola divertente dell'Italia che vuole girare pagina. Dietro le risate, c'è il desiderio di un'economia che vorremmo ritrovare.

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