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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2013 alle ore 11:03.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2013 alle ore 18:55.

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Jfk da una missione a Superman in una celebre avventura disegnata da Al PlastinoJfk da una missione a Superman in una celebre avventura disegnata da Al Plastino

«The Day John Kennedy died» di Lou Reed
Dov'eri il giorno in cui hanno ucciso Kennedy? Domanda che ogni americano che conservi memoria dei fatti di cinquant'anni fa si è sentito rivolgere almeno una volta nella vita. Lou Reed rispose pubblicamente nel disco «The Blue Mask» del 1982, attraverso «The Day John Kennedy died». Risposta che sulle prime appare ordinaria: «Ricordo che quel giorno me ne stavo in un bar/ La squadra dell'università stava giocando una partita di football in Tv/ Poi l'immagine sparì e un annunciatore disse:/ È successo qualcosa di tragico». Straordinari i versi che l'evento ispira al Poeta: «Ho sognato che ero il presidente degli Stati Uniti/ Ho sognato di avere sostituito l'ignoranza, la stupidità e l'odio/ Ho sognato la perfetta intesa e la perfetta legge, innegabile/ E soprattutto ho sognato di aver dimenticato il giorno in cui morì John Kennedy». Che, purtroppo per tutti, c'è stato.

«American Tabloid» di James Ellroy
Il noir è un'arma potentissima nelle mani di uno scrittore che lo padroneggia. Pochi in America sanno farlo con la stessa maestria di James Ellroy, capace di concentrare in diverse centinaia di pagine fatti e misfatti, vero storico e vero poetico, cronaca e storia degli States, tenendo sempre – e costantemente – il lettore con il fiato sospeso. La sua cosiddetta «trilogia americana» si inaugura nel 1995 con «American Tabloid», un romanzo che incrocia con sapienza le manovre pericolose di mafia, Ku Klux Klan, Cia, Fbia, castristi, poliziotti e criminali comuni facendole culminare proprio nell'omicidio di Jfk. Una pagina imprescindibile.

«22/11/'63» di Stephen King
Chissà cosa succederebbe se uno avesse la possibilità di tornare indietro nel tempo e impedire l'omicidio di Jfk. Quesito che si è posto Mr. Bestseller Stephen King, l'autore di pietre miliari del fanta-horror come «Shining», «Carrie» e «It». Nel 2011 ha dato infatti alle stampe un romanzo dal titolo assolutamente evocativo, «22/11/'63», per l'appunto data dell'assassinio di Kennedy. C'è Jake, professore d'inglese della solita anonima cittadina del Maine che, con l'aiuto del gestore di una tavola calda ammalato di cancro, scopre in un retrobottega una porta che apre un varco spazio-temporale. Da lì a tornare indietro nel tempo per provare a sventare l'omicidio, il passo e breve. Salvo poi accorgersi che, se ti metti a cambiare il passato, ottieni un presente persino peggiore.

«Jackies» di Andy Warhol
Il 22 novembre del '63, tra quanti assistettero attoniti all'omicidio di Kennedy attraverso l'occhio mediatico, c'era anche un certo Andy Warhol, profeta della Pop Art che da poco aveva scoperto la tecnica della serigrafia, adottandola come strumento privilegiato per rappresentare miti e riti della società (dello spettacolo) statunitense. Come avvicinarsi con originalità al mito di Jfk? Attraverso l'inconsolabile vedova Jacqueline, meglio nota come Jackie. Da first lady, accanto al marito, portava il sogno americano in giro per il mondo. Dopo il tragico evento, con il volto rigato dalle lacrime durante dei funerali di Stato, sarà la fine del sogno. Metafore potentissime che non sfuggono all'artista. Nella sua serie delle «Jackies» acquisteranno una carica iconica deflagrante.

«Now» di Maurizio Cattelan
Per il padovano Maurizio Cattelan l'opera d'arte è un dito nell'occhio di chi la guarda. Non fa eccezione la sua personalissima interpretazione del caso Kennedy: «Now», istallazione del 2004, non è altro che una bara aperta con all'interno il cadavere-manichino di Jfk senza scarpe. Rappresentazione ancora più irritante, se consideriamo il contesto che la ospitò due anni dopo la sua creazione, ossia il Guggenheim Museum, nel cuore di New York. Un po' come se il Nostro intendesse dire all'America che adesso («Now») il caso è ancora aperto.

«Mad Men» di Matthew Weiner
Serie televisiva capolavoro quella che utilizza le vicende di un'agenzia pubblicitaria newyorchese degli anni Sessanta come espediente narrativo per raccontare i mutamenti epocali che si concentrarono in quel decennio. La figura di Kennedy getta un'ombra ingombrante su tutta la saga. In particolare, il dodicesimo episodio della terza stagione, trasmesso nel 2009 da Amc e qui da noi da Cult, ha come sfondo i fatti di Dallas. Regista di tutto rispetto: Barbet Schroeder, allievo di Jean Luc Godard. Titolo? «La fine di un'era».

The Simpsons di Matt Groening
Non c'è icona occidentale - grande o piccola che sia - che non sia apparsa almeno una volta nell'epopea dei Simpson, famiglia media per eccellenza della provincia americana fotografata (ed «evidenziata» in giallo) da quel genio di Matt Groening. Jfk ovviamente c'è. E non è nemmeno la prima volta che incontra personaggi immaginari: nel luglio del 1964, a poco meno di un anno dal suo decesso, in un albo della Dc conferì addirittura una missione a Superman. Tornando ai Simpson, Jfk compare ben cinque volte in 25 stagioni. Le apparizioni più divertenti? Lo pseudo-filmato d'epoca in cui Kennedy e Richard Nixon, nel bel mezzo della campagna elettorale del 1960, pubblicizzano la birra Duff e il flashback di nonno Abraham Simpson che millanta di essere stato il primo a venire a conoscenza del terribile segreto di Jfk: era una spia nazista. Lui lo sa, perché ai tempi della Guerra, lo sentì che pronunciava: «Ich bin ein Berliner».

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