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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2013 alle ore 12:30.

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Una laconica lettera. Una "E" dall'inconfondibile grafia - sembra un tre rovesciato - che conduce all'autore dell'annotazione. Guglielmo Marconi, presidente dell'Accademia d'Italia, quella "E" l'ha scritta accanto al nome di alcuni candidati a entrare nella più prestigiosa vetrina culturale del Ventennio. Analizzando l'anagrafe dei "marchiati" Riccardo Chiaberge, autore di Wireless, avvincente e ben documentato romanzo biografico su Marconi, edito da Garzanti, ha concluso che la lettera "E" rappresenta in realtà l'iniziale della parola "ebreo". Mussolini preferisce nominare studiosi vicini al fascismo e non "giudei". Così Marconi previene ogni possibile sorpresa finale classificando quelli di origine israelita.

Del resto se non vengono ammessi illustri scienziati, come l'archeologo Alessandro Della Seta, mentre entrano nomi meno significativi, ma sprovvisti della "E", come il cardinale Pietro Gasparri, "profondissimo conoscitore di diritto canonico", tanto vale tenerne conto. Un caso esemplare è quello del medico e anatomo Giuseppe Levi, tra i maestri di Rita Levi Montalcini, figura di primo piano a livello internazionale, in corsa per il premio Mussolini-Corriere della Sera, il più prestigioso conferito dall'Accademia. A cose ormai fatte il Duce rovescia il tavolo e impone un "vero camerata", Filippo de Filippi, medico e esploratore. Qui siamo nel 1930, ottavo anno dell'Era Fascista. Marconi non è ancora presidente dell'Accademia, ma la situazione non va mettendosi per il meglio, e nel '38 si arriva alla vergogna delle leggi razziali. Marconi si spegne all'età di 63 anni, nel '37, quindi poco prima, risparmiandosi ulteriori strette soffocanti con un regime che lo usa come formidabile strumento di propaganda. Si favoleggia, mentre il mondo rotola verso la guerra, di sue invenzioni come il raggio della morte, o altre diavolerie in grado di bloccare i mezzi nemici, tutt'oggi soggetto di leggende metropolitane. Non può mancare chi afferma che sia in contatto coi marziani. Su un sito esoterico russo oggi a Marconi è dedicata un'intera sezione.

Chiaberge, già direttore del supplemento culturale del Sole-24 Ore, ha trovato in archivio i documenti con le annotazioni razziali, scritte da Marconi, ma non sono le uniche sorprese che emergono dalla sua indagine. Per certi aspetti risultano ancora più deprimenti le numerose lettere di raccomandazione che Marconi spedisce a destra e manca per piazzare questo o quello, parenti; amici, semplici conoscenti. Tutti si rivolgono a lui per qualcosa. C'è il cocchiere, che ha avuto l'onore di scarrozzarlo per un tratto, e gli chiede una mano perché è ridotto "sull'astrico" (sic) e saluta romanamente. E che dire della categoria degli omonimi e cioè delle persone che, nel paese del tengo famiglia, non possono resistere a inviare richieste di aiuto a chi porta lo stesso cognome? Come questa, sempre sgrammaticata: "o avuto l'audacia di presentarmi a lei dato che facciamo lo stesso cognome", "Io misera cosa di questa terra. Non mi rimane che esserle omonima". E non manca chi, commettendo una gaffe, dichiara di aver frequentato la stessa università, quella di Bologna, ignorando che Marconi non si è mai laureato e la cosa gli pesa assai, anche se oggi la mancanza può accostarlo a certi mostri sacri autodidatti del digitale come Steve Jobs. Qui la risposta di Marconi è telegrafica: "No".

L'ultima fase della vita dello scienziato segue il divorzio dalla prima moglie, Beatrice O'Brien, irlandese, avvenuto durante l'avventura dannunziana a Fiume, quando era concesso liberarsi del vincolo matrimoniale. Marconi sposa Maria Cristina Bezzi-Scali, le traversate avventurose sono acqua passata e nel profeta del wireless si annerisce quel fascino cosmopolita di imprenditore-inventore che trasmette messaggi da una sponda all'altra dell'Oceano, naviga nella tempesta a bordo dello yacht Elettra e viene annoverato tra i fondatori della Bbc. Insomma la parte più affascinante della avventurosa vita di un uomo che ha surclassato la concorrenza di gente come Edison e Tesla, conquistato il Nobel, la ricchezza, molte donne, tra cui la giovane femminista americana Inez Milholland (forse la prima volta gli si concede 17enne sul piroscafo Lucania). Dall'attrice Francesca Bertini un due di picche invece. Un uomo che incanta premendo un pulsante a Genova e accendendo le luci a Sydney, e salva vite in mare: le navi si dotano del marconista e senza Marconi sul Titanic non ci sarebbero stati 700 superstiti.

Il titolo del libro, oltreché azzeccato, non è casuale. A tutti gli effetti Marconi, come nota Chiaberge, è l'inventore del Terzo Millennio, delle comunicazioni senza fili; ma questo lo possiamo dire solo ora. Quando è uscita l'ultima biografia indipendente (non scritta da familiari), quarant'anni fa, i tempi non erano maturi. L'azienda che fonda a Londra alla fine dell'800, poco più che ventenne, reca nella ragione sociale la parola Wireless che oggi ha assunto un significato e una portata ben maggiore e rende Marconi molto di più dell'inventore della radio come a volte veniva classificato il visionario italo-irlandese (la madre era una Jameson, dell'omonima distilleria di whisky). Il piccolo Guglielmo, nella piccionaia di casa, ha compiuto i primi esperimenti scientifici, come in una versione pascoliana dei garage dei nerds californiani. L'incosciente non sapeva che la cosa era impossibile e la fece. In effetti, rispetto ad altri fisici di formazione convenzionale, Marconi ha la follia di credere che le onde radio possano percorrere lunghe distanze, superare ostacoli, perfino la curvatura della crosta terrestre arrivando negli Stati Uniti. All'inizio molti lo prendono appunto per pazzo. Meno male che c'erano i soldi del whisky del ramo materno per mettere alla prova le sue visioni.

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