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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2013 alle ore 12:30.

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All'arrivo della guerra l'Elettra viene attrezzata per la perlustrazione dell'Adriatico. Nel '44, viene colpita al largo della Dalmazia e il comandante riesce a riportarla a riva evitando che si inabissi. Nel '62 Tito la restituisce all'Italia. Siamo in pieno boom economico ma non troviamo i soldi per rimetterla in sesto. Forse non è solo questione di soldi. Marconi sconta ancora la damnatio memoriae cui l'ha condannato l'adesione al fascismo. Ci voleva Montanelli per lanciare un Sos a favore dell'Elettra nel '66, dalle colonne del Corriere: "È un problema, d'accordo, secondario rispetto a quelli della scuola, degli ospedali, della riforma burocratica, del riassetto della giustizia eccetera eccetera ma testimonia l'indifferenza degli italiani al loro patrimonio culturale e morale. Tutt'i Paesi hanno la religione del cimelio, ch'è poi un atto di omaggio alla propria storia e alla propria tradizione. E, per restare a quelli nautici, basta rifarsi all'esempio del Cutty Sark, dell'Aretusa e del Discovery in Inghilterra, del Charles Morgan negli Stati Uniti".
Chiaberge nota che proprio per la sua qualità di imprenditore Marconi aveva bisogno di scendere a patti col regime, non diversamente da altri industriali dell'epoca, gli Agnelli e i Pirelli. Per l'Elettra i problemi politici si fondevano con quelli economici: "Nel 1972 – scrive Chiaberge - si muove il Lloyd triestino, e il presidente del consiglio Giulio Andreotti stanzia due miliardi e 400 milioni di lire. La carcassa viene trasportata nel cantiere San Marco di Trieste. I costi, però, lievitano strada facendo fino a sette miliardi, troppo per le finanze pubbliche, e il governo rinuncia al progetto. Non resta che la demolizione: nel 1977 l'Elettra viene tagliata a pezzi, e ogni pezzo ha una destinazione diversa. La prua dove Marconi faceva i suoi esperimenti finisce in un parco scientifico a Padriciano, vicino a Trieste, altri frammenti dello scafo in due musei della città, la poppa della nave in Abruzzo, davanti al Centro Spaziale del Fucino".

Il finale delle biografia, in altre parole, con la decrittazione della lettera "E", le raccomandazioni, la nave fatta a pezzi, prende una piega inattesa, che oscilla tra una commedia all'italiana e un catastrofismo visionario, e dà un respiro romanzesco a una vicenda che normalmente si chiude con la morte, le celebrazioni, i telegrammi di cordoglio dei grandi della terra.

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