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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2013 alle ore 17:02.

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Dopo aver scritto nei mesi scorsi di Franciacorta ed Oltrepò Pavese, è giunto il momento di parlare dell'altro grande territorio a vocazione spumantistica italiana per il metodo classico: il Trentino.
Ricordo che il metodo classico è un processo di produzione di vino spumante la cui caratteristica principale è indurre la rifermentazione in bottiglia dei vini attraverso l'introduzione di zuccheri e lieviti selezionati (liqueur de tirage).

In questo modo il vino acquisisce la tradizionale pressione (visibile sotto forma di bollicine) garantita dall'anidride carbonica prodotta dalla seconda fermentazione (presa di spuma) avvenuta in bottiglia.
Dò subito qualche cifra: su una superficie vitata trentina pari a circa 10.000 ettari, la percentuale di uva base spumante è dell'8% con una produzione totale annua di circa 8 milioni di bottiglie.
Il marchio collettivo Trentodoc, apposto su ogni bottiglia, è del 2007 e riunisce 39 aziende spumantistiche.
È sicuramente il momento migliore per parlare degli spumanti trentini, dato che è in corso di svolgimento, fino all'8 dicembre, la manifestazione "Trentodoc: Bollicine sulla città." La città di Trento festeggia le sue bollicine con appuntamenti enogastronomici, degustazioni, approfondimenti culturali. In particolare all'Enoteca Provinciale del Trentino, sita a Palazzo Roccabruna, dimora rinascimentale al centro della città di Trento, è possibile degustare tutte le bollicine Trentodoc.

Il padre del Trento DOC è senz'altro Giulio Ferrari, che produce nel 1902 le sue prime 200 bottiglie, anche se Nereo Pederzolli racconta nel suo bel libro che un tal Arminio de Valentini (1848-1896) aveva iniziato a produrre lo "Champagne Valentini" a Calliano, tra Trento e Rovereto, ottenendo un buon successo sui mercati austriaci.
Giulio Ferrari, classe 1879, frequenta dal 1895 al 1897 l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige, per poi partire per una serie di viaggi studio a Montpellier, a Geisenheim e nella zona di Epernay.
Si innamora dello Champagne ed ha il grande merito di intuire una somiglianza con il suo Trentino, per cui inizia a produrre, seppur in numero limitato, bottiglie di quello che oggi chiamiamo metodo classico.
La sua attività principale, almeno all'inizio, è quella vivaistica: preparare e vendere giovani viti, tra cui lo Chardonnay, che in quegli anni diventava sempre più remunerativa a causa della necessità di reimpiantare i vigneti distrutti dalla fillossera. Alcuni sostengono che, almeno all'inizio, la sua produzione di spumante fosse il veicolo promozionale per la vendita delle barbatelle!

La ricerca della qualità di Giulio dà dei risultati fin da subito: è del 1906 la medaglia d'oro all'Esposizione Internazionale di Milano.
Nel 1952, arrivato ad una produzione di circa 10.000 bottiglie, Giulio cede la sua attività, comprensiva del marchio, a Bruno Lunelli, titolare della mescita di vini più conosciuta di Trento, rimanendo a lavorare in cantina fino alla morte, avvenuta nel 1965. Oggi la Ferrari produce circa 5.000.000 di bottiglie.
Il Trentodoc si può giustamente definire bollicina di montagna, in quanto è perfetta espressione della terra in cui è prodotto, territorio non vasto ma dalla grande varietà climatica, spaziante dal Lago di Garda con i suoi venti, alle Dolomiti. I vitigni usati sono quelli più adatti al metodo classico: innanzitutto lo Chardonnay seguito dal Pinot Nero ed in misura assai inferiore dal Pinot Bianco e Menieur.
Nel bicchiere è inconfondibile per il suo perlage, con bollicine fini e persistenti.
È fresco e sapido, floreale e fruttato, con differenze anche notevoli dovute alle diverse tipologie dei terreni.
Come sempre presento 2 aziende: questa volta tocca a Revì e Moser.

Revì – Aldeno (Trento)
L'azienda, nata dal 1982, è condotta dall'enologo Paolo Malfer, coadiuvato ora dal figlio Giacomo.
Titolari sono Carmen Tomasi e Giovanna Bertoldi, rispettivamente moglie e cognata di Paolo.
Il nome deriva dal toponimo della zona di produzione. La tradizione popolare racconta che da quelle viti si otteneva un vino regale, il "Re vin", da cui Revì.
L'azienda è proprio a dimensione familiare: 2 ettari di vigneto consentono, anche grazie all'acquisto di un po' di base spumante, di produrre circa 15.000 bottiglie, divise tra 4 etichette, tutte di bollicine.
Paolo Malfer, ora in pensione, è diventato enologo a San Michele all'Adige ma durante la sua vita ha esercitato anche altre professioni.
Curioso è stato il suo modo di avvicinarsi alla spumantizzazione: il suo primo "spumante" risale a quando aveva 13 anni, nel 1962.

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