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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2013 alle ore 14:39.
L'ultima modifica è del 17 dicembre 2013 alle ore 14:40.

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In Italia? Bisogna dare una speranza - dice - e subito. Ma i politici non fanno nulla. Nonostante gliel'abbiano chiesto più volte, però, Flavio Briatore non scenderà in campo: «la politica è un ripiego per la gente che non sa cosa fare: avete mai sentito un bambino dire che da grande vuole fare il politico?». Briatore è pronto a ricominciare l'avventura televisiva di The Apprentice, ma alla presentazione, sulla spiaggia della "sua" Malindi, nel nuovo Billionaire resort, ha parole di fuoco anche per l'Italia. «La gente non ne può più: per questo poi nascono fenomeni come il movimento dei forconi. Io ho amici in Spagna. Lì si stava peggio che da noi, poi hanno agito: sono riusciti a ridimensionarsi. Ma da noi la politica non può incidere: non puoi certo licenziare un ministro, come si fa con un manager. Non gli puoi dire "sei fuori", alla Apprentice. I veri politici sono quelli che gestiscono banche, ferrovie, compagnie aeree».

Flavio Briatore è amico personale di Silvio Berlusconi («è stato anche qui a Malindi - racconta - mentre il resort era in costruzione»), ma recentemente aveva espresso apprezzamento per Matteo Renzi. «Mi è piaciuto vedere tre giovani affrontarsi nella corsa alle primarie Pd. Anche Grillo mi faceva simpatia. Ma quando i grillini sono arrivati in Parlamento si sono occupati subito della mensa e dei buoni pasto, mica delle riforme. Io, comunque, non voto più perché davvero non ci credo: basti pensare che l'anno scorso la scheda elettorale da "residente all'estero" mi è arrivata quasi venti giorni dopo le elezioni. E mi sa che tra tre mesi cambieranno ancora tutti. Intanto rischiamo di vendere le aziende italiane solo per mettere soldi in un buco nero. Cosa succederà ad Alitalia? Non lo so. Dico solo che quando mi hanno chiesto di investire nella cordata di imprenditori che avrebbe dovuto salvarla sapevo che avrei solo perso soldi e ho detto no. In Veneto falliscono 2-300 aziende al giorno. A Prato prima della tragedia sapevano benissimo quello che accadeva. In Italia, però, tutti sanno tutto e nessuno fa niente».

Come ripartire? «Dal turismo. Dovremmo essere la Florida d'Italia, e invece? Siamo totalmente bloccati. Guardiamo la Sardefna: Soru l'ha bloccata per cinque anni. In Italia ogni giorno qualcuno si sveglia e pensa: "come posso rompere le scatole a uno che vuole fare qualcosa?". Certo, bisogna essere sempre nella legalità. Ma ti fermano sempre: ogni volta c'è un politico, un funzionario incazzato che ti blocca tutto».

Per fortuna, dice, ci sono tanti ragazzi in gamba, come Francesco. Francesco Menegazzo ha vinto la prima edizione di The Apprentice ed è volato proprio in Kenya, dove ha seguito la costruzione del Billionaire resort. «È anche meglio di quello che pensavo. Doveva stare qui tre giorni, ci è rimasto già tre mesi. Abbiamo bisogno della nuova generazione, ci vogliono giovani con la giusta dose di rabbia. È quella che fa la differenza tra il pilota bravo e il campione».

Intanto dal 17 gennaio si cerca proprio il nuovo Apprentice. Dopo un'edizione su Cielo, il talent che va a caccia del manager perfetto arriva su SkyUno HD. I candidati sono quattordici, sette uomini e sette donne tra i 22 e i 42 anni, scelti tra 5mila aspiranti. «In questi nuovi casting - dice Nils Hartmann, direttore produzioni originali Sky - tutti erano più seri e preparati. Hanno capito che è un format che vive di credibilità». In palio, ancora una volta, uno stipendio "a sei cifre", che, come la storia di Menegazzo insegna, è reale. Nessun timore che questo provochi antipatia, nell'Italia delle proteste: «uno stipendio a sei cifre - dice Briatore - se lo merita chi sa lavorare e magari crea anche posti di lavoro. E la gente lo sa».

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