Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2013 alle ore 07:03.

My24

A fronte di questa dinamica, molti hanno posto il problema, concreto, della crescente disuguaglianza. Quanto c'è di vero, e quanto di leggenda metropolitana, in ciò? Molto dipende da come la disuguaglianza viene misurata, e ancor più dall'interpretazione che se ne dà. Il coefficiente di Gini, una comune misura della disuguaglianza, è andato crescendo in misura significativa, se ci concentriamo sul valore medio globale. Questo – come emerge da uno studio di Branko Milanovic per la Banca Mondiale – deriva principalmente da una maggiore disuguaglianza tra i Paesi. Al contrario, all'interno dei singoli Paesi – con alcune ragguardevoli eccezioni, in particolare gli Stati Uniti – la disuguaglianza è andata riducendosi. Un paper degli economisti Maxim Pinkovskiy e Xavier Sala-i-Martin ha trovato tuttavia che non solo «il tasso di povertà globale è crollato dell'80 per cento tra il 1970 e il 2006»; altrettanto importante è che «varie misure della disuguaglianza globale sono scese sostanzialmente e le misure del benessere globale sono cresciute del 128-145 per cento».

Queste affermazioni apparentemente contraddittorie si conciliano alla luce di due ulteriori considerazoni. La prima, come anticipato, è che, pur essendosi allargata la distanza tra i Paesi, il divario sociale interno alle nazioni si è gradualmente accorciato (almeno fino alla crisi economica globale, e con non triviali eccezioni). La seconda è che, tipicamente, i Paesi più ricchi sono anche quelli dove le disuguaglianze sono inferiori. Nel 2010, per esempio, i tre Paesi con una distribuzione più eguale dei redditi erano Danimarca, Svezia e Norvegia; i tre Paesi più diseguali erano Namibia, Sudafrica e Botswana. Il Pil pro capite nei primi tre Paesi era superiore ai 50mila dollari; nel secondo gruppo, invece, era assai più basso (circa 7.000 dollari in Sudafrica e Botswana, attorno ai 6.000 in Namibia). Correggendo questi valori a parità di potere d'acquisto – per tenere conto che un dollaro a Windhoek, Namibia, vale di più dello stesso dollaro a Oslo – la differenza si accorcia ma rimane considerevole, nell'ordine di 1:3.

Che le cose stiano andando – mediamente – meglio lo si evince anche da altre variabili indirette, che aiutano però a qualificare il maggior benessere materiale di cui l'umanità, nel suo complesso, sembra godere. L'aspettativa di vita alla nascita, a livello medio globale, è cresciuta da 68,8 anni nel 2004 a 70,5 nel 2011. Nel lungo termine, questo risultato è stato possibile grazie principalmente a due grandi battaglie che il genere umano, se non ha vinto, sta vincendo. La prima è quella contro la mortalità infantile: nel 1900, la mortalità infantile era inferiore al 10 per cento in un solo Paese al mondo. Cent'anni dopo, soltanto 19 nazioni si collocavano al di sopra di tale soglia. L'altra battaglia è quella contro la denutrizione: il numero di persone che soffrono la fame, in valore assoluto, è calato da circa 1 miliardo nel 1990 a 842 milioni oggi. Resta una cifra impressionante ma, se si tiene conto della contemporanea crescita demografica, è difficile non rendersi conto degli enormi progressi che sono stati compiuti. L'apporto calorico medio quotidiano, sempre a livello planetario, che era di circa 2.803 kcal sul finire degli anni Novanta, si stima salirà fino a quasi 3.000 kcal nel 2015.

Cosa ci dicono tutti questi dati? Certamente non che le cose vadano bene in senso assoluto. Un numero intollerabilmente alto di persone soffre la fame, vive in Paesi privi dei più basilari servizi, conduce un'esistenza penosa che, nel nostro piccolo angolo di mondo, consideriamo neppure come il ricordo di un lontano passato, ma come la testimonianza di una profonda ingiustizia. Eppure, il progresso, che ha cambiato in misura tanto vasta la nostra vita, ha reso possibile anche un miglioramento costante delle vite degli altri. Dovendo scegliere, chiunque di noi preferirebbe nascere nel 2013 anziché nel 1913: perché la probabilità di vivere anziché sopravvivere, sopravvivere anziché morire, trovare la scodella piena anziché vuota, avere l'opportunità di un'occupazione magari gratificante, godere della prospettiva di un miglioramento di status sociale, eccetera è infinitamente più elevata oggi di un secolo fa. Ma sarebbe conveniente pure vedere la luce nel 2013 piuttosto che nel 2003, e questo forse non è ovvio agli italiani che si trovano all'epicentro della crisi.
Se ci fossimo concentrati su variabili di natura diversa, avremmo trovato indicazioni coerenti con questo. In media, la qualità dell'ambiente è andata migliorando. La quantità di persone con accesso ai servizi che oggi consideriamo essenziali e che alcuni si concedono il lusso di chiamare "diritti" – l'energia, il telefono, persino internet – è cresciuta enormemente. La qualità di questi servizi è migliorata di anno in anno.

Il progresso tecnologico è stato una forza fondamentale dietro tale avanzamento della condizione umana, ma non è l'unica e, forse, non ne è neanche il motore primo. È difficile, infatti, concepire un tasso di innovazione tecnologica simile a quello che abbiamo osservato negli ultimi cent'anni, prescindendo dal sistema sociale che in quello stesso periodo si è imposto. E ciò soprattutto qualora si prenda atto del fatto che i Paesi che si sono sviluppati di più, e più rapidamente, quelli che hanno visto il reddito crescere in modo più sostenuto e il numero o la percentuale di poveri e affamati diminuire, quelli nei quali si è accorciata la distanza che separa i privilegiati dai meno fortunati, e che infine hanno saputo dotarsi di un ascensore sociale ragionevolmente efficace, ebbene, tutti questi Paesi sono quelli che sono stati protagonisti dell'espansione del commercio mondiale in questi decenni. In breve, la globalizzazione ci ha resi più longevi, più ricchi e più uguali, pur tra mille difficoltà e un milione di contraddizioni. Grazie a una rete di scambi sempre più vasta, la vita di tutti noi – tranne di quelli che ne sono rimasti esclusi – è, in media, meno solitaria, povera, sudicia, bestiale e breve.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi