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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2014 alle ore 12:07.
L'ultima modifica è del 08 gennaio 2014 alle ore 12:48.

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Un romanzo americano per raccontare l'Italia di oggi: Paolo Virzì ha scelto il volume «Human Capital» di Stephen Amidon, pubblicato nel 2004 negli Stati Uniti e arrivato in Italia nel 2008, come spunto per quello che ambisce a diventare il prodotto più importante della sua intera filmografia.

«Il capitale umano», in uscita nelle nostre sale giovedì 9 gennaio, segna un netto cambio di registro nella carriera dell'autore livornese: dai toni leggeri delle commedie degli esordi (basti pensare al suo primo grande successo, «Ovosodo» del 1997) si passa a quelli oscuri e amari di una pellicola che racconta, senza mezzi termini, lo sfascio dell'Italia di oggi.
I sobborghi del Connecticut di Amidon si trasformano in una grigia Brianza, rappresentata come un universo dove l'alta finanza ha scommesso sulla crisi del paese: l'area lombarda diventa così uno specchio crudele di quell'Italia apparentemente virtuosa, ma in realtà arrivista e disposta a tutto pur di guadagnarci qualcosa. Chi ne farà le spese? Poco importa.
La sceneggiatura, scritta dal regista insieme a Francesco Bruni e a Francesco Piccolo, vede protagoniste due famiglie differentemente dislocate nella scala sociale brianzola: i Bernaschi e gli Ossola. Il primo nucleo familiare è composto dal padre Giovanni (Fabrizio Gifuni), un broker d'assalto senza scrupoli, sua moglie Carla (Valeria Bruni Tedeschi), donna ricca e annoiata, e il figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli), un rampollo viziato e arrogante.

Gli Ossola, invece, sono guidati dallo spregiudicato Dino (Fabrizio Bentivoglio), un immobiliarista ambizioso e credulone, che con le sue scelte avventate metterà in grave difficoltà la moglie Roberta (Valeria Golino), donna di sani principi in attesa di due gemelli, e Serena (Matilde Gioli), un'adolescente come tante alla ricerca di nuovi e profondi rapporti umani.
Un misterioso incidente (in cui, non a caso, a scontrarsi sono una bicicletta e un Suv) fa da perno all'intero racconto, in cui s'intrecciano tre differenti vicende: nella prima, Dino Ossola investe tutti i suoi risparmi nei titoli della fondazione di Giovanni Bernaschi, padre del fidanzato di sua figlia; nella seconda, Carla Bernaschi s'innamora di un teatro comasco abbandonato e decide di dedicarsi al mecenatismo; nella terza Serena Ossola lascia il figlio di Bernaschi in favore di Luca, un ragazzo semplice e sensibile.
Virzì orchestra le differenti narrazioni con spietata lucidità, dando vita a un mosaico cinico e beffardo sulla deriva dell'Italia contemporanea.

Nonostante «Il capitale umano» non abbia ancora esordito ufficialmente in sala, sono già diverse le polemiche che negli ultimi giorni l'hanno visto protagonista: contro la raffigurazione della Brianza presente nel film, mostrata come un modello negativo abitato da gente che si è arricchita velocemente, si è scagliato Andrea Monti, assessore al Turismo della provincia di Monza e Brianza, giudicando la rappresentazione di Virzì stereotipata e priva di reali fondamenti. L'assessore ha inoltre polemizzato sugli incentivi statali ricevuti per la realizzazione della pellicola, sostenendo la Brianza come una delle aree che più contribuisce a finanziare i bilanci dello Stato e del Ministero dei Beni Culturali.
Piuttosto dura anche la reazione di Como che, smentendo le dichiarazioni di Virzì in cui la città lombarda veniva descritta come simbolo di degrado culturale a causa della rovina del suo unico teatro (il Politeama), ricorda al regista la presenza del Teatro Sociale e di decine di attività legate alla cultura. Infine, c'è anche chi accusa Virzì di razzismo contro il Nord Italia.
Le polemiche sono destinate ad aumentare nei prossimi giorni, tanto da rischiare di togliere il giusto valore artistico a una pellicola cinematograficamente importante e coraggiosa, come raramente ne abbiamo viste tra le produzioni di casa nostra degli ultimi anni.

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