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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2014 alle ore 06:53.

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Qualche mese fa un amico mi ha prestato l'ultimo romanzo di uno scrittore di cui non avevo mai sentito parlare. La stessa osservazione («Non ne ho mai sentito parlare») mi avrebbe accolto ogni volta che, nei giorni seguenti, ho detto in giro che era un libro incredibile, complesso e profondissimo e avvincente. Questo accadeva circa nel 75% dei casi; negli altri, la reazione del mio interlocutore era più sulla linea del su-che-pianeta-hai-vissuto-negli-ultimi-anni, perché quello scrittore, dall'enigmatico nome di China Miéville, ha venduto centinaia di migliaia di copie e vinto decine di importanti premi letterari.

La metafora del "pianeta" è particolarmente adatta, in questo caso, e spiega bene anche la discrepanza delle reazioni di chi avevo di fronte. China Miéville, infatti, scrive fantascienza. Parlare di lui significa parlare di questo tipo di letteratura che divide il pubblico più di un post di Beppe Grillo: fra chi lo venera e chi lo ignora, fra chi lo ritiene l'unica narrativa veramente "di idee" e chi lo considera – bleah – un genere.

China Miéville è, in ordine sparso: un maschio (il nome trae in inganno); un quarantenne attraente, muscolosissimo e coperto di tatuaggi (la sua somiglianza all'eroe di un film d'azione è la prima cosa che scrive di lui il Believer in una lunga intervista); un ricercatore di diritto internazionale che ha studiato a Harvard e ha un dottorato alla LSE; un ex-dirigente del Partito socialista inglese, che lo ha candidato a Kensignton nel 2001 ottenendo l'1% dei voti; un marxista; e uno scrittore di fantascienza (e fantasy, e fumetti, e saggi di teoria trotzkista) dal successo tanto stellare quanto inspiegabilmente settorializzato, almeno in Italia, dove lo pubblica Fanucci in edizioni tanto economiche quanto poco curate (ma perché? Be', perché in fondo è fantascienza).

Miéville ha esordito a ventotto anni con Perdido Street Station, un romanzo in cui ci sono i maghi e la mafia e gli alieni; il suo incredibile successo lo ha portato a sviluppare un'intera trilogia ambientata nello stesso mondo, Bas-Lag, il cui capitolo conclusivo, Iron Council, è un western pieno di mostri e combattimenti che parla del rapporto fra masse e avanguardie rivoluzionarie.

Storia di due città
Ma negli ultimi anni i romanzi di Miéville hanno guadagnato in profondità e ricchezza, arrivando secondo molti a ridefinire la portata e il significato di un genere come la fantascienza. È il caso di The city & the city, del 2009, ed Embassytown, del 2011. Il primo, ad esempio, neanche dovrebbe esserlo, fantascienza. The city & the city è la storia di due città che condividono lo stesso spazio fisico: non spartendoselo (come Berlino Est e Ovest), ma sovrapponendosi. Ogni parco, ogni via ha un nome diverso a Beszél e a Ul Qoma; ogni palazzo, in base all'architettura, esiste in una o nell'altra città.

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