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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2014 alle ore 07:52.

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Voi sparate il primo colpo, che non riesce unicamente per via dell’emozione: il maestro fa un segno di assenso consolantissimo. Ne tirate un altro, un po’ meglio: lui approva ancora, postillando: «Bene bene», come volesse dire che gli rimane ben poco da insegnarvi. Vi incamminate al suo fianco per saggiare un paio di buche: lui ogni tanto vi osserva, un’occhiata così di sfuggita (evidentemente tutto procede per il meglio), ma non si sbottona.

Finalmente, ansiosi di aperta lode, osate domandare: «Dunque, che cosa ne dice?». Lui fa ancora di sì con la testa: «Bel colpo!» dice. Una pausa. Poi: «Lo distrugga». «Come?» fate voi. «Lo distrugga», conferma il maestro.

Non altrimenti il grande clinico fa cenni di approvazione con il pensoso capo, sorridendo bonariamente quando gli si descrivono i sintomi del male che tanto vi preoccupa; e credete di leggervi l’assoluzione, come se lui pensasse: «Ma sì, ma sì, sciocchezze, ridicoli disturbi senza importanza». Invece il medico sorrideva perché, man mano che parlavate, egli vedeva delinearsi esattamente il quadro clinico regolamentare, magari di un morbo inguaribile; la diagnosi gli si presentava sempre più limpida e sicura, procurandogli legittima soddisfazione.

«Lo distrugga!», dice il maestro. Una cosa da nulla: ricominciare da capo. Egli vi spiega perché sbagliavate nell’impugnare la mazza, sbagliavate nello slancio all’indietro, sbagliavate nel colpire la palla, tutto sbagliato insomma. Vi sentite poco più di un verme, voi che eravate giunti tronfi d’orgoglio.

Buttate via, zavorra, le fatiche di due anni. Umili, tornate all’abbecedario, rinunciate alla vanità dei discreti punteggi, ricominciate a segnare sul giro non meno di 120 colpi. Eravate ammalati e non lo sapevate. Buon per voi che avete trovato un medico onesto.

Il maestro parla. Nelle sue parole ispirate, il golf assume un nuovo fascino quasi mostruoso; i campioni che sanno scaraventare la pallina a 300 e più metri sono eroi circonfusi di mito; dimenticate che esiste un mondo che si affanna e lavora al di fuori dei campi di golf; sapere o non sapere giocare a golf, questo il grande problema della vita.

QUASI MAI VINCITORI Non ci ricordiamo più chi ha osservato giustamente che l’avversario, nel golf, non è l’amico che vi sida, ma lo stesso campo di gioco. Tanto è vero che l’interesse non viene meno quando si fa un giro da soli. La pietra di paragone non sono i colleghi, ma il punteggio. Il vero scopo è di abbassare o almeno di uguagliare il proprio primato precedente.

Ora succede che, quanto più si diventa bravi, tanto minori sono le probabilità di superarsi. Quando un giro costa in media 110 colpi (un punteggio da principianti) lo sbaglio di tre o quattro tiri può essere facilmente recuperato nelle buche successive. Basta invece un solo colpo sbagliato a compromettere il punteggio di un campione per il quale girare sopra gli 80 è motivo di cocente vergogna. Le possibilità di successo in questo senso divengono sempre più rare quanto più ci si avvicina alla perfezione. Nelle gare, poi, a maggiore valentia corrisponde un handicap altrettanto gravoso. Senza contare il controllatissimo fatto che le giornate nere superano numericamente di gran lunga quelle fauste, o soltanto decenti.

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