Cultura-Domenica CinemaIl Festival del cinema dopo nove anni torna festa per uscire dalla linea dombra
Il Festival del cinema dopo nove anni torna “festa” per uscire dalla linea d’ombra
di Eugenio Bruno | 15 ottobre 2014
Una manifestazione che cerca di uscire dalla “linea d'ombra” in cui si è rifugiata finora e trovare il suo posto nel mondo. Cinematografico ma non solo. È la prima impressione che si ricava dal programma della nona edizione del Festival del cinema di Roma che apre i battenti domani. E che presenterà, lungo l'arco di dieci giorni, 51 lungometraggi provenienti da 21 paesi (tra cui 16 italiani) e suddivisi in quattro rassegne: Cinema Oggi, Gala, Mondo genere e Prospettive Italia. Più una quinta autonoma e parallela, dalla “cifra” stilistica ormai consolidata: Alice nella città destinata ai ragazzi delle scuole.
Il Festival indossa i panni della “festa”
Chiamata alla prova della maturità Roma dismette i panni del «Festival» e indossa quelli della «Festa». Come testimonia la scelta di eliminare la giuria di esperti e affidare al pubblico il compito di assegnare i premi principali. Una decisione che s'inserisce nel solco già battuto da altre manifestazioni - Toronto su tutte, anche se con altri numeri e altre dimensioni vista la prossimità al mercato nordamericano - e che sembra sempre più caldeggiata dalle major d'oltreoceano per evitare che il successo o (l'insuccesso) di critica influenzi più di tanto le performance al botteghino.
Manifestazione romana incentrata sulle opere «popolari ma singolari»
Nella stessa direzione va anche lo spostamento di calendario. Dopo le polemiche degli anni scorsi, quando a seconda delle date in cui veniva collocata Roma s'infuriavano Venezia o Torino (o entrambe) per i possibili rischi di “cannibalizzazione”, gli organizzatori hanno spostato nuovamente la kermesse capitolina. Optando per un periodo che è più o meno equidistante dalle due “sorelle” maggiori. E che, a detta del direttore Marco Müller, porterà al «consolidamento di un solido e differenziato sistema dei tre festival italiani di fine estate-autunno». Con la manifestazione veneziana attenta ai film d'autore, quella torinese dedicata ai giovani cineasti a Torino e quella romana incentrata sulle opere «popolari ma singolari».
Apertura e chiusura con due commedie italiane
E se la popolarità emerge già a occhio nudo - non fosse altro che per la scelta di aprire e chiudere la rassegna con due commedie italiane dal sapore più o meno classico: Soap opera di Alessandro Genovesi e Andiamo a quel paese del duo Ficarra e Picone - per valutare il tasso di singolarità bisognerà aspettare che si spengano le luci in sala e che sullo schermo compaiano le prime immagini. Solo allora si saprà se le polemiche dei mesi scorsi tra organizzatori e finanziatori potranno considerarsi alle spalle. E, soprattutto, se Muller avrà vinto una o tutte le sue scommesse esplicite: confermare che esiste «un ragguardevole bacino di pubblico per i documentari», regalare alle «opere prime e seconde più sorprendenti una ben più lunga tenuta in sala», recuperare «quella parte del cinema che ci porta notizie di paesi, popoli e culture lontane». Agli spettatori e alla critica, ognuno per la propria parte, l'ardua sentenza.