Cultura-Domenica CinemaSpandau Ballet, dall'East London al tetto del mondo e ritorno: tutto in un decennio
Spandau Ballet, dall'East London al tetto del mondo e ritorno: tutto in un decennio
di Eugenio Bruno | 20 ottobre 2014
Non c'è un altro gruppo musicale al mondo che racchiuda in sé la parabola degli anni '80 meglio degli Spandau Ballet. La conferma la si ha assistendo a Soul Boys of the Western World, il bel documentario di George Hencken che ripercorre l'ascesa e la caduta della celebre band inglese. Tutto nell'arco di un decennio.
La battaglia a colpi di carte bollate
Conquistata ufficialmente la ribalta nel maggio 1980 con la partecipazione allo show televisivo “Twentieth Century Box” il gruppo formato da cinque ex compagni di scuola dell'East London non l'ha mai persa fino al 1990 quando le divergenze e i dissapori tra il cantante Tony Hadley e il chitarrista, nonché autore dei testi, Gary Kemp li hanno portati prima alla crisi e poi allo scioglimento. A cui è seguita la battaglia a colpi di carte bollate, con annesso processo e condanna al risarcimento dei danni, degli anni '90. Fino alla riappacificazione sancita con la reunion del 25 marzo 2009 che si è svolta sulla stessa Hms Belfast (una nave della Seconda guerra mondiale ormeggiata lungo il Tamigi) da cui tutto era partito 29 anni prima.
Un salto sulla macchina del tempo per tornare ai famosi Eighties
Il primo lungometraggio in veste di regista di George Hencken ci racconta tutto questo. E anche di più. Nei 112 minuti di proiezione sembra quasi di prendere la macchina del tempo e tornare ai famosi (e per certi versi famigerati) Eighties. Quando il mondo era ancora diviso in due blocchi e il pubblico musicale europeo, in particolar modo quello italiano, si divideva tra duraniani e spandies. Alla celebre rivalità con la band capitanata da Simon Le Bon il film dedica giusto un paio di passaggi. E anche nella conferenza stampa post-proiezione l'argomento viene bypassato. Tant'è che il batterista John Kleeb precisa come i loro concorrenti fossero in realtà tutti gli altri gruppi presenti in classifica. Del resto l'intenzione dell'autrice è un'altra: mostrare tutto quello che è successo esattamente come è successo, sulla falsariga di un altro documentario (Senna) che lei stessa cita esplicitamente come modello. Da qui l'attenzione alle radici operaie dei cinque musicisti inglesi e alle fonti artistiche a cui si sono abbeverati (David Bowie e il Glam rock su tutti senza disdegnare però il punk dei Sex Pistols).
Gary Kemp: eravamo sotto pressione
Passando per gli anni 70 della ribellione - è la tesi del film - si arriva così agli anni 80 della produzione. Ed è un prodotto completo quello che gli Spandau Ballet riescono a vendere in tutto il mondo. Un prodotto realizzato con un mix quasi inscindibile di musica e moda e veicolato in gran parte del globo dalla nascente Mtv. Una tale vocazione internazionale è il mezzo che consente a Tony Hadley e compagni di sopperire alla crisi del mercato interno, alle prese con il pugno di ferro di Margareth Thatcher e un'ondata di scioperi e lotte economiche. Ma anche il disco più bello e il brano più ballato a un certo punto s'interrompe. Ed è quello che tra l'89 e il '90, in concomitanza con la caduta del Muro di Berlino, accade anche al gruppo pop britannico. Visti con il senno di poi i due eventi non sono così scollegati. Come ammette lo stesso Gary Kemp: eravamo sotto pressione, mentre il mondo esterno si era globalizzato il nostro mondo interno restava piccolo. Forse troppo per un mondo che si avviava a superare i vecchi steccati.