Cultura-Domenica CinemaNel docu film di Vendemmiati il lavoro in carcere è sinonimo di libertà
Nel docu film di Vendemmiati il lavoro in carcere è sinonimo di libertà
di Nicoletta Cottone | 23 ottobre 2014
Nel lavoro “fuori” il lunedì è il giorno peggiore, mentre nel lavoro “dentro” è il più bello della settimana. È questa la sensazione che provano i detenuti del carcere della Dozza di Bologna coinvolti nell’«Officina dei detenuti», un progetto unico in Italia che ha portato una autentica officina metalmeccanica superspecializzata all’interno del penitenziario, grazie all’appoggio di tre imprese che poi garantiscono anche un inserimento lavorativo una volta “fuori”. Una officina dove si lavora davvero e si costruiscono complessi macchinari per il confezionamento delle merci. Una storia piena di umanità e saggezza, quella firmata da Filippo Vendemmiati, giornalista e regista, nella quale la trasmissione del sapere da parte di alcuni operai in pensione diventati tutor di un gruppo di 13 detenuti fa toccare con mano l’importanza del lavoro autentico in carcere che consente di imparare realmente un mestiere a chi è dietro le sbarre.
Si costruisce un mestiere e relazioni umane
In “Meno male è lunedì”, un film documentario presentato in “Prospettive Italia” al Festival internazionale del Film di Roma, le telecamere sono entrate nel carcere per osservare questa esperienza nella quale i giorni della settimana hanno «un senso e una cadenza dettata dai turni di lavoro. I gesti e le parole evadono per costruire un mestiere e relazioni umane», ha spiegato Vendemmiati.«Né detenuti né uomini liberi: solo colleghi, operai che s’incontrano e lavorano accanto, scambiandosi conoscenze, saperi , “storie di viti e di vite”. Le giornate sono scandite da serene chiacchierate, riflessioni, rimbrotti , da operazioni di montaggio che devono quadrare al millimetro, da un'attenzione certosina nel montare i pezzi. Non sono ammesse leggerezze e anche l’inserimento di una vite non può essere lasciata al caso. Nell’atmosfera che si respira non ci sono detenuti o uomini liberi, ma solo colleghi che hanno come obiettivo la costruzione di un complesso macchinario, un’operazione che passa attraverso una trasmissione di saperi non solo tecnici, ma umani. Con i tutor che oltre a insegnare un mestiere, disegnano anche pagine di vita che saranno utili per il futuro “fuori”. Nei dialoghi emergono le sensazioni di chi è “dentro” e vorrebbe toccare un albero lontano che intravede fra le sbarre o qabbracciare un figlio che non ha mai visto.
Emozionati sul red carpet tutor e detenuti
Sul red carpet del Festival del film di Roma sono arrivati emozionati molti dei tutor e degli operai, anche alcuni di quelli ancora detenuti, con un permesso speciale. E in sala hanno ricevuto lunghi applausi non solo per la loro interpretazione, ma per la nuova via intrapresa, quella di sporcarsi le mani con un lavoro vero.
Vendemmiati: è un altro dei miei progetti “contromano”
«Questo è un altro dei miei progetti “contromano” - ha detto Vendemmiati, vincitore del David di Donatello per il suo documentario su Federico Aldrovandi, «È stato morto un ragazzo» -. Appena sono entrato in quest'officina, dove tutti, tutor e operai - detenuti hanno un contratto a tempo indeterminato, mi ha colpito subito l'atmosfera. C'era una grande confidenza fra loro, erano tutti colleghi allo stesso modo». In un momento difficile come questo, «ho pensato avesse valore raccontare quest'esperienza in cui il lavoro riesce a definire l'identità». Per ognuno di loro il lavoro in carcere è sinomino di libertà. «Dobbiamo insegnargli a stare al mondo - ha detto uno dei tutor - in modo che fuori di qua sappiano affrontare il mondo del lavoro». Ora «speriamo il film abbia una lunga vita - ha sottolineato Vendemmiati - Intanto mi inorgoglisce molto che alcune direzioni di istituti di pena mi abbiano chiesto per proiettarlo». La colonna sonora del film è stata composta da Carlo Amato, compositore e bassista dei Têtes de Bois.